Conosci te stesso: una ricetta per la felicità

Perchè cerchiamo sempre qualcosa che ci possa dare soddisfazione? Perché vorremmo essere felici. C'è, pero, qualcosa che trascuriamo: il lavoro su noi stessi.

9 DIC 2021 · Tempo di lettura: min.
Conosci te stesso: una ricetta per la felicità

"Smetti di cercare la persona giusta. Diventa la persona giusta."

Citazione tratta da "Psicologia a strappo", di Luca Mazzucchelli (2021).

Da sempre il nostro immaginario è ricco di sogni idilliaci e aspettative orientate alla felicità. Non si può far a meno di chiedersi, delle volte, ma cos'è che andiamo cercando tutti i giorni? Già, perché il nostro agire è sempre diretto verso una nuova meta…se non hai granché, devi adattarti e cercare di sopravvivere, inutile pretendere troppo in quel momento. Ma ci sono, invece, contesti differenti, in cui si ha più che abbastanza per vivere e ogni "valore" nuovo che si possiede sembra il preludio della ricerca affannosa di qualcos'altro di nuovo da aggiungere alla lista delle ricchezze personali. Naturalmente non sto parlando solo di oggetti… parlo specialmente di relazioni, di obbiettivi, della ricerca costante di soddisfazione.

In un panorama di insoddisfazione cronica, siamo come atleti che cercano sempre di superare ogni "limite" (o meta) che raggiungono. Di conseguenza, essendo cioè questa la tendenza centrale più diffusa, risulta assai difficile concentrarsi sul qui ed ora, ovvero cogliere l'attimo, vivere il momento, godersi il percorso! Un errore percettivo che nella mente fa vedere solo il traguardo, considerandone frustrante il percorso…ma non c'era la frase di una pubblicità che diceva: "...perché l'attesa del piacere è essa stessa il piacere…"? Certo, la teoria è questa, ma nella pratica la felicità diventa sempre più un'illusione, quando si è alla ricerca costante di qualcosa di nuovo, della scarica di adrenalina, della meraviglia di fronte a qualcosa non ancora conosciuto, del salto nel vuoto, eccetera, eccetera.

Una di queste ricerche sfrenate è quella diretta alla "persona giusta". C'è chi l'ha trovata e poi l'ha persa, chi l'ha appena trovata, chi pensa di averla trovata, chi comincia a credere che non la troverà mai. Ma, fondamentalmente, chi è questo/a extraterrestre? Perché, in effetti, parlare di persona giusta apre uno scenario variegato: giusta per chi? Ci vorrebbe una definizione della Treccani, così possiamo regolarci tutti di conseguenza e dire: "ok, l'ho trovata", oppure "oh, accidenti…ho sbagliato".

È ovvio che si tratta di un concetto culturale e, stringendo il cerchio ancora di più, di un costrutto contestuale, ovvero basato sulle esperienze di apprendimento nei contesti in cui abbiamo vissuto e viviamo. È vero, facciamo parte di una cultura che ci mette in comunione con gli altri nostri concittadini, ma prima di tutto facciamo parte di una cultura familiare. I valori della famiglia, i credo, le aspettative, ciò che si è osservato nei contesti più prossimi della vita di tutti i giorni, in breve l'esperienza, contribuiscono all'elaborazione di un ideale, che inconsapevolmente viene ricercato nel mondo circostante, come "soluzione", "riempimento" di quello che manca. Piaccia o no, è così. Non si fanno scelte a caso…non è tanto la bellezza oggettiva, intesa come armonia degli elementi estetici…perché poi ognuno ha un parametro di valutazione estetico soggettivo. Quindi, la famosa "chimica", un'attrazione a cui non si è in grado di dare una spiegazione logica, è questa.

Ma al di là di questo, per quale motivo ricerchiamo tutti (anche chi non lo ammette per orgoglio) la persona giusta come se fosse un tesoro sotterraneo? Cerchiamo un/a alleato/a. Un/a compagno/a di avventure…perché da soli non è male, ci possono essere tanti obbiettivi da raggiungere, ma investire esclusivamente su di sé, alla lunga, diventa una questione narcisistica, destinata a dare soddisfazioni sempre più labili e temporanee. Quello che viene ricercato è, invece, un'ideale di soddisfazione duratura, permanente, la famosa felicità (o "il posto a tempo indeterminato"!). Abbiamo bisogno di sicurezza. Che poi, c'è chi direbbe, come me, che la felicità risiede negli attimi… eppure tutti noi siamo spinti, inconsapevolmente, a ricercare una felicità infinita, anche se non ci crediamo abbastanza. Infondo quell'ideale è dentro ognuno di noi: la fuga dalla frustrazione, ossia il fallimento nella gestione del "dolore", che comunque è una condizione umana e necessaria all'evoluzione. Anche sul dolore si potrebbero aprire parentesi senza fine, perché ci sono varie tipologie di dolore, a volte è semplicemente senso di "mancanza" di qualcosa, un po' come la voglia di cioccolato, dai.

Comunque sia, tutto questo ci distoglie dal fare una cosa molto importante: guardare dentro noi stessi. Che non è guardarsi allo specchio, come fece Narciso con l'acqua, prima di soccombere. Guardare a chi siamo, al Sé Reale, come lo chiamano in Psicologia Sociale, e a quale potrebbe essere il Sé Ideale. Quali aspetti ci contraddistinguono in questo momento? Non ci sono momenti in cui vi irritate voi stessi di ciò che dite e di ciò che fate? Capita di starsi antipatici ogni tanto. O, al contrario, capita di essere talmente soddisfatti di se stessi da autocongratularsi mentalmente per qualcosa che si è fatto o raggiunto. La dicotomia frustrazione/soddisfazione caratterizza ogni percorso, spesso anche spingendoci a commettere grossi errori egoistici, dove, nella ricerca sfrenata di quel quid in più, si fa del male agli altri, oltre che ovviamente a se stessi. Perché poi, nella migliore delle ipotesi, ci si chiede "chi sono diventato/a"?

E allora, ciò che dovremmo fare, come saggiamente suggerisce Mazzucchelli, è lavorare su noi stessi e su quello che vorremmo migliorare delle persone che siamo. Certo, non possiamo aspirare alla perfezione…sarebbe, oltretutto, noioso e ridicolo. Inutile nascondersi dietro l'ineccepibilità…tutti commettiamo errori e quello che poi opera un discrimine è quanto ci mettiamo in discussione per rimediare. Di certo è un percorso lungo, può durare una vita intera… perché non si smette mai di migliorare, è anche l'esperienza a renderci più saggi. Però avvicinarsi ogni giorno alla persona con cui ci si rispecchia non è per niente male!

Come fare? Chiediti cosa vorresti e cerca di andare oltre quello che cerchi, scoprendo il principio e/o il valore che ne è alla base. Insomma, perché vuoi proprio questo e non qualcos'altro? Chiediti anche quali sono i princìpi che ti sono stati trasmessi e quanto ti identifichi con essi… vorresti accettarli in toto oppure vorresti differenziartene? E perché? Chiediti cosa per te è inaccettabile…e cerca di capire se lo è perché hai paura, oppure se davvero ti fa ribrezzo. Domandati che immagine vorresti trasmettere al mondo e poi metti sul piatto della bilancia il valore che ti viene attribuito dagli altri e valuta a tua volta quanto per te è importante, quanto ti senti rispecchiato/a, quanto vale la pena dare dimostrazioni differenti.

Non è mai troppo tardi per cercare la migliore versione di se stessi: anche questa è una forma di soddisfazione e, soprattutto, è una calamita per le esperienze che consideriamo come positive, nella consapevolezza che siamo attratti davvero solo da ciò di cui abbiamo bisogno veramente…e migliori siamo, migliore sarà ciò che cerchiamo.

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Scritto da

Dott.ssa Gabriella Comi

Bibliografia

  • Mazzucchelli, L. (2021) Psicologia a strappo. Giunti Psychometrics

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