Il ruolo del padre nella terapia sistemica familiare

Il ruolo del padre nella terapia sistemica familiare. Ci sono stati dei cambiamenti nel ruolo paterno? Una breve sintesi su tale riflessione.

4 GEN 2022 · Tempo di lettura: min.
Il ruolo del padre nella terapia sistemica familiare

Secondo Whitaker, all'interno del libro "Danzando con la famiglia", il padre è il suo punto di partenza, anche se nella nostra cultura è generalmente il genitore più periferico (Whitaker, 1989). Le famiglie hanno la capacità di lottare e di crescere, quindi in sé il coraggio. Quando si presenta un "padre assente" viene percepito come non disponibile ad essere coinvolto all'interno del sistema famiglia (Whitaker, 1989).

Per parlare di padri, Andolfi riprende la metafora degli scacchi dove si possono identificare ruoli e funzioni ben precise del re-padre e della regina-madre (Andolfi, M., 2017).

Nel gioco degli scacchi, il re-padre è immobile, protetto da tutti, si sposta pochissimo e sotto minaccia e solo in una direzione limitata; la regina-madre spazia ovunque, muovendosi davanti, indietro e in direzione obliqua, inoltre se dovesse soccombere un figlio-pedina potrebbe arrivare al fondo della scacchiera e "farla vincere". Quindi secondo Andolfi è come se si verificasse una "lealtà di sangue" verso la regina che fatica tanto sul campo e si prodiga per proteggere il re dai pericoli in cui questo può incorrere, ma restando ben consapevole del fatto che il gioco termina quando il re accerchiato finisce per soccombere nella condizione di scacco matto. Quindi il re ha il potere assoluto di far terminare il gioco con una disfatta dell'avversario ma che sembra totalmente paralizzato e incapace a prendere una qualsiasi iniziativa personale che lo nobiliti (Andolfi, M., 2017).

I padri sono "terzi" nella relazione madre-figlio introducendo insieme aspetti di protezione e di mediazione. I padri possono contribuire in maniera salutare alla crescita dei figli, introducendo e sperimentando il senso del limite, del confine oltre al quale non si può andare se non pagando un prezzo rispetto alla strutturazione dell'identità. I padri in terapia familiari sono portati ad entrare in contatto con le proprie fragilità, sensi di colpa e inadeguatezza, diventando così opportunità alla dimensione più profonda di se stessi per poter trasmetterla ai propri figli. Quando si parla di padri non si investe solo l'area psichica e relazionale ma si riflette anche sulla sfera sociale, economica e antropologica (Andolfi, M., 2017).

Come era il padre nel passato e come lo è oggi? Ci sono state delle evoluzioni? Il padre c'è se siamo interessati a scoprirne le diverse espressioni con tutto il retaggio maschile che lo ha definito per secoli come autoritario, privo di fragilità, di sentimenti profondi ma anche responsabilità e deputato al mantenimento economico della famiglia. Il padre c'è in una società in transizione, che gli chiede di essere materno e non più autoritario, capace di vivere le emozioni o di mostrarle come nella crescita dei figli.

Spesso la domanda da porsi è: "come si fa il padre?" ma la risposta sistemica più adatta è "segui il bambino, lui ti farà capire come!"(Andolfi, M., 2017).

Nell'ultimo secolo, in Occidente si è passati dal considerare il padre come "autorità indiscussa" ad un padre "assente" con una crisi del ruolo paterno fino ad arrivare ad un "padre ritrovato" che riesce a porsi come genitore affettuoso nei confronti dei figli. L'attaccamento al padre è differente rispetto all'attaccamento materno in quanto i padri permettono ad una madre ansiosa o insicura di essere sensibile e responsiva (Andolfi, M., 2017). Infatti anche Bowlby considera che occuparsi di un neonato non è un'operazione solo materna ma il padre mette dentro un aiuto psicologico, materiale e affettivo. Proprio a partire dal fatto di sentirsi protetta e sicura, il padre può dedicarsi al figlio, per raggiungere la capacità di dare protezione e riconoscere i bisogni affettivi e materiali.

Cosa si chiede ai padri oggi?

Un coinvolgimento e un legame con i figli più di quanto si facesse nel passato. Si fatica ad accettare l'intimità emotiva, cioè quella capacità di esprimere le emozioni, rinunciare al controllo per dare sostegno emotivo, reciprocità, ascolto, empatia e tenerezza fisica. Bisogna tenere in considerazione il fatto che non tutti hanno avuto un modello di padre al quale ispirarsi e spesso si sentono inadeguati a svolgere il loro lavoro. La competenza ai padri si deve dare in due modalità: capacità di ascolto e nella risonanza empatica (Andolfi, M., 2017).

Negli anni '90 Salvini Palazzoli ha classificato i padri in tre categorie:

1) "tradizionali" cioè autoritari e distanti, delegano l'accudimento e l'educazione alla madre, provvedono al sostentamento economico, entrano solo nelle discussioni importanti e non hanno una relazione personale diretta significativa con i figli specialmente quando sono piccoli;

2) "padri di transizione" sono nuovi padri che iniziano ad occuparsi di accudimento ed educazione dei figli, ma il loro ruolo è subalterno e quantitativamente ridotto rispetto alle madri;

3) "nuovi padri" che condividono la responsabilità genitoriale, dividendo equamente l'accudimento quotidiano. Oggi, in base a questa classifica ci sono padri in transizione, in terapia gli elementi fondamentali sono le risorse nei padri, la riscoperta della loro paternità e avere fiducia nelle loro risorse (Andolfi, M., 2017).

Quando il figlio assume una funzione di accudimento

Nei sistemi familiari si può verificare un processo di parentificazione: cioè una modalità distorta in cui il figlio assume una funzione di accudimento nei confronti di uno o di entrambi i genitori, incapaci di assumere il ruolo che compete loro e finisce per caricarsi di responsabilità adulte (Andolfi, 2015).

Tale situazione si verifica quando c'è l'assunzione di responsabilità genitoriali da parte del bambino, e l'immaturità paterna e su come intervenire in terapia per ristabilire confini generazionali più sani. Per poter trasformare la relazione disfunzionale padre-figlio non si può restare all'interno della diade, ma è fondamentale introdurre la terza generazione. A tal proposito Bowen parla di "processi di trasmissione multigenerazionali" ovvero la trasmissione di diversi gradi di maturità/immaturità attraverso le generazioni (Bowen, 1979).

Come si lavora in terapia?

Si utilizza la terza generazione come ponte tra padri e figli. Bisogna dare voce ai figli, spesso in ragione dei loro problemi, convocando il padre in colloquio. Inoltre motivare i padri a venire in colloquio a partecipare attivamente attraverso l'esplorazione della loro storia di sviluppo, segnata a volte da abbandoni o trascuratezza precoci, tagli emotivi o intimidazioni genitoriali (Andolfi, M., 2017). Questo permette simbolicamente di riportare il padre nella condizione di figlio al momento presente, quindi mettersi nei panni di padri e questi nei panni dei figli.

Dott.ssa Fabiana Marra

 

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Scritto da

Dott.ssa Fabiana Marra

Bibliografia

  • Andolfi, M. (2015). La terapia familiare multigenerazionale: strumenti e risorse del terapeuta. Cortina.
  • Andolfi, M., & d'Elia, A. (Eds.). (2017). Alla ricerca del padre in famiglia e in terapia. FrancoAngeli.
  • Bowen, M., Andolfi, M., & De Nichilo, M. (1979). Dalla famiglia all'individuo: la differenziazione del sé nel sistema familiare. Astrolabio.
  • Whitaker, C. A., & Bumberry, W. M. (1989). Danzando con la famiglia: un approccio simbolico-esperienziale. Astrolabio.

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