Padri 2.0

La società odierna e di conseguenza la famiglia oggi tendono verso un'accelerazione che impedisce ai singoli di sostare sulle cose: di godere dell'incanto.

23 NOV 2022 · Tempo di lettura: min.
Padri 2.0

L'uomo, fin dalla nascita entra in una dimensione relazionale e, per questo, sarà inevitabilmente costretto a domandarsi "cosa desidera l'Altro da me affinché possa occuparsi di me?" e da questa domanda estrarrà un oggetto di desiderio dell'Altro (ad esempio il sorriso che gratifica la madre). È così che diventiamo oggetti del desiderio perché ognuno di noi desidera essere desiderato. La nostra esistenza dipende dall'Altro e dall'affetto dell'Altro, dall'amore che mi dà, io dipendo. Sostando ancora un po' sul concetto di desiderio se ne spiega anche la sua doppia anima: si tratta di una dinamica intersoggettiva, io potrò trovare il compimento del mio desiderio a partire da quello che viene dall'Altro. Quindi l'individuo non desidera l'altro, ma che qualcosa che proviene dall'Altro riconosca il suo valore. Ma esiste anche il desiderio di avere un proprio desiderio. Il sentimento di soddisfazione deriva anche dalla dimensione assoluta che riguarda la personale vocazione da cui siamo attratti. Nella vita familiare il compito di ogni genitore è quello di permettere al proprio figlio di entrare in contatto con la sua vocazione (Terminio, 2020). Come suggerisce Massimo Recalcati (2014), il Padre ha una funzione paideutica, ovvero quella di educare alla crescita e di porre al proprio figlio dei limiti. Assistiamo, oggi, ad una generale tendenza al dissolvimento dei confini: i confini sono liquidi, spesso artefatti altre volte così sottili da essere invisibili. La Legge, incarnata nella figura paterna, afferma al bambino che esiste una soglia: non si può più godere illimitatamente della madre. Funge da soggetto terzo in una relazione, che fino a quel momento vedeva solo due protagonisti. La sua funzione è quindi quella di introdurre il senso del limite come elemento costitutivo dell'esperienza umana e a delineare il campo nel quale il desiderio può esprimersi.

Ma il vincolo principale a cui la Legge ci espone è principalmente un limite temporale. La Legge, infatti, ci permette di fare a noi stessi una domanda: qual è il nostro rapporto con il tempo? Come moduliamo questo rapporto? Il limite che più caratterizza l'esperienza umana è il modo in cui l'essere umano si vincola rispetto al tempo e la dimensione che dà al proprio soddisfacimento rispetto a questa clessidra. La società odierna e di conseguenza la famiglia oggi tendono verso un'accelerazione che impedisce ai singoli di sostare sulle cose: di godere dell'incanto. Attraverso l'accelerazione, le persone evitano il confronto con il vuoto, con il tempo vuoto. Un'insegnante con cui lavoravo mi disse: "il più grande problema delle famiglie di oggi è che i genitori non lasciano annoiare i figli". In questa frase c'è nascosta una grande verità: attraverso il riempimento costante del tempo, non educhiamo i futuri adulti all'attesa, alla sosta, alla possibilità di creare una condizione psichica che li renderà inclini alla possibilità di incantarsi. Il più grande sintomo dell'era moderna è che l'individuo fa fatica ad entrare in sintonia con il proprio tempo perché fare ciò indurrebbe ciascuno di noi ad entrare in contatto con un mistero, con un vuoto, con un'attesa. Ma non è solo la frenesia e la corsa a segnare la famiglia di oggi. Sembra che il filo che lega il transgenerazionale sia difficile da afferrare dagli odierni giovani. Oggi i giovani non conoscono nulla del loro passato, di quel passato che ha segnato la loro storia ancor prima di venire al mondo. La trama familiare alla quale ancorarsi e nella quale inserirsi per potersi definire come soggetti di esperienza non sempre sembra comprensibile. Lacan, già a proposito dei moti sessantottini, parlava della cicatrice dell'evaporazione del Padre, ovvero dell'incapacità dei padri di fungere alla loro funzione di Legge. Ci si riferisce qui al Nome del Padre, ovvero a quella funzione paterna che è indipendente dal sesso e dal ruolo. L'Altro, ormai svuotato di ideali e della capacità di orientare l'individuo verso una soggettivazione, lo induce nella "perdizione" della Società senza limiti, la stessa società che si fa portatrice di un godimento fine a se stesso, non generativo. Per questo motivo assistiamo alla continua pubblicità di oggetti che incitano all'eccesso senza un Vincolo (droga, cibo, tecnologia, ecc) e non è detto che questo rapporto con l'oggetto sia necessariamente intersoggettivo. È quello che potremmo definire il "discorso del capitalista", ovvero la tendenza a trovare soddisfacimento nell'uso vorace dell'oggetto. Ma gli oggetti creati dalla società sono oggetti che non soddisfano, ma che, al contrario, creano sempre maggiori vuoti.

Ma cosa si può fare adesso per dare nuova forma a questo Padre ormai evaporato? Il compito del Padre oggi è quello di assumersi la responsabilità di testimoniare al proprio figlio che la vita è possibile. Che la vita è degna di essere vissuta, che c'è speranza. Un padre testimone è un padre che dà al proprio figlio la consapevolezza che per provare amore, senso di sicurezza, piacere, deve essere in grado prima di tutto di perdere, di assumersi la responsabilità che quest'amore, questa sicurezza e questo piacere comportano per sé e per gli altri. La sfida di questi Padri, tra cui la Psicoanalisi, è quella di incoraggiare il soggetto a riconoscersi come esseri desideranti di un proprio desiderio. In adolescenza, ad esempio, si vive il conflitto con quello che l'Altro desidera e quello che è il personale desiderio. Un Padre testimone è capace di incoraggiare il figlio a coltivare il suo desiderio, la sua autenticità e il compito del figlio è quello di dare la forma che lui desidera alla propria vita. Lacan paragona l'essere umano al messaggero a cui veniva tatuato sulla nuca il messaggio che doveva recapitare in modo che non potesse leggerlo. Alla stregua dei messaggeri noi portiamo il messaggio dell'Altro. Potremmo chiamare questo messaggio matrice familiare o mandato trans generazionale, qualunque sia il nome che gli diamo, dobbiamo però prendere in considerazione che nella ricerca della personale forma che vogliamo dare alla nostra esperienza di soggettivazione, potremmo scontrarci con quel messaggio, entrarci in conflitto. Il significato dell'ereditarietà sta lì, nella capacità di manovrare quel messaggio e di riscriverlo. L'esperienza del cucciolo d'uomo non si esaurisce quando grazie alla presenza della madre lei ne permette la sopravvivenza fornendogli il latte, ma è nel momento stesso in cui finita la suzione, resta ancora lì, con la testa appoggiata al seno della madre. Quello è un segno e l'esperienza della soggettivazione si nutre di segni. Il segno per eccellenza è la parola. Ciò che la funzione paterna fa è trasmettere una sintassi, dove per sintassi si intende un'organizzazione di segni che hanno una successione temporale che non può essere appiattita altrimenti non si esprimerebbe il senso, che sia capace di mostrare la concreta possibilità di tenere uniti Legge e desiderio. Ma essendo sganciata dal ruolo, la funzione paterna la ritroviamo anche al di fuori della famiglia. Può essere incarnata da un maestro ad esempio. Analizzando il contesto storico sociale nel quale siamo oggi calati, diventa, di estrema rilevanza, indagare quali sono i movimenti delle Istituzioni in cui i figli di oggi muovono i loro passi. La scuola, ad esempio, e gli altri istituti a stampo educativo che animano le nostre città, si basano su due anime distinte che ne delineano la struttura: quella che Foucault chiama dispositivo, ovvero la scuola "burocratica", spenta, fatta di registri da compilare e programmi standardizzati da seguire e quella che Recalcati chiama anima della luce, ovvero la capacità dei maestri di illuminare le menti degli studenti, attraverso la comprensione che genera apprendimento di qualcosa di non conosciuto. Un'illuminazione mai satura, mai piena, che lascia lo spazio all'incompiutezza, perché è da quel punto insaturo, non definito che nasce la curiosità, la spinta alla conoscenza da parte dello studente. Il grande messaggio della scuola è quello di permettere ciò che Lacan chiama dematernalizzazione della lingua, ovvero la possibilità di confrontarsi con altre sintassi che non sono solo il messaggio sulla nuca che ognuno di noi porta. Oggi la scuola non riesce, alla stregua del Padre, a fungere da zona di demarcazione dell'impossibile; assistiamo ad un eccesso di dispositivo che rende la funzione paterna del maestro una corsa alla compilazione di tabelle a cui gli studenti reagiscono addormentandosi in classe. I Padri 2.0, sono padri, madri, maestri, educatori, allenatori, capaci di educare alla mancanza, alla curiosità che parte dal vuoto per giungere al nuovo.

Bibliografia

Lacan, J. (1977). LA FAMIGLIA. Lacan, J., & Miller, J. A. (2005). I complessi familiari nella formazione dell'individuo: saggio di analisi di una funzione in psicologia. Einaudi.

Recalcati, M. (2011). Quel che resta del padre. Milano: Raffaello Cortina.

Recalcati, M. (2012). Jacques Lacan: Desiderio, godimento e soggettivazione. Cortina.

Recalcati, M. (2014). Il complesso di Telemaco: genitori e figli dopo il tramonto del padre. Feltrinelli Editore.

Recalcati, M. (2020). Il campo istituzionale tra Legge e desiderio: abbozzo per una teoria clinica dell'istituzione. Il campo istituzionale tra Legge e desiderio: abbozzo per una teoria clinica dell'istituzione.

Terminio, N. (2020). L'intervallo della vita: il Reale della clinica psicoanalitica e fenomenologica. Alpes, Roma

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Scritto da

Dottoressa De Magistris Teresa

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