20 AGO 2021
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Buongiorno,
la crisi che attualmente sta vivendo, potrebbe essere legata all’idea personale che lei ha rispetto alle relazioni. Queste idee, le nostre visioni personali, vengono sempre in qualche maniera dall’Altro (i nostri genitori); l’Altro gioca sempre un ruolo rispetto alla costruzione dei nostri schemi. La famiglia costituisce la base da cui strutturiamo quello che chiamiamo “stile di vita”: ovvero la nostra modalità personale e particolareggiata di affrontare la nostra esistenza – incluse le relazioni. In qualche maniera, lei ha già portato alla luce questo stile, la sua dinamica. E su questa, sembra valga la pena riflettere: “lui era una narcisista patologico (…) dove si riproponevano quelle dinamiche famigliari che tutto sommato mi facevano stare malissimo ma non avevo dubbi sull'amore che provavo per lui, anzi i tradimenti, la violenza verbale e fisica per me erano dimostrazioni d'amore, più stavo male più ero sicuro di amare. All'inizio di ogni mia relazione nutrivo questi dubbi sul mio sentimento, ma quando l'altra persona mi faceva stare male, beh ero felice”. Qui scorgiamo senza eccessive difficoltà quello che potremmo definire “errore di base”. Il suo personale schema relazionale, ci dice che lei pensa che la relazione è relazione quando c’è di mezzo la violenza. Che l’amore è amore quando l’Altro propone dinamiche violente. La felicità – scrive – arriva quando l’Altro fa stare male. È un ragionamento curioso: solitamente ci sentiamo amati quando l’Altro ci accoglie, ci comprende, ci fa sentire che la nostra vita non è l’ennesimo granello di sabbia nel mondo; che la nostra vita è un particolare apprezzato, ha un peso, una consistenza. E sembra che lei attualmente abbia incontrato qualcosa del genere, eppure: “Ho incontrato l'uomo dei miei sogni, dove mi rispetta, ama e non mi provoca turbamenti. ed ecco che mi vengono i dubbi. Ecco che non sono sicuro di amare. Ecco che vorrei scappare. Ecco che passo le mie ore a fare ricerche. A capire cosa provo o non provo”. Ha incontrato il rispetto nell’assenza della morsa prepotente dell’Altro, eppure “ecco i dubbi”. Ecco che non è “sicuro di amare”. Ecco che “vorrebbe scappare”. Ma precisamente, da cosa dovrebbe e/o vorrebbe scappare? Da un sincero affetto? Percorrendo questa strada, possiamo ipotizzare che dentro di lei vi sia una concezione erronea. È come se lei non potesse accettare che dall’Altro arrivi un amore disinteressato, rispettoso, non violento. È come se lei non potesse concederselo. Lei si trova più a suo agio quando l’Altro ha in mano la partita – in un certo senso –, quando è violento, quando crea turbamento. Forse, per certi versi, lei la ricerca proprio questa dinamica. In effetti, scrivendo di quella relazione tossica, dice: “Conclusa una relazione tossica, dove lui era una narcisista patologico e dove si riproponevano quelle dinamiche famigliari”. Spesso non ci troviamo nel caso, nella contingenza; bensì costruiamo, attraverso il nostro potere creativo, determinate situazioni. E’ probabile che quelle situazioni lei le abbia generate inconsciamente, al fine di ricreare – in modo fittizio – la dinamica che ha vissuto nella sua famiglia. È molto interessante il rapporto che descrive con suo padre. Una persona che ha sempre minato la sua autostima. Non so che modalità adottasse, eppure è lecito pensare che una persona che “mina” la fiducia che abbiamo in noi stessi, adotti in un modo o nell’altro una modalità violenta (la violenza non è solo quella fisica, ma anche quella indiretta). Nel campo delle mere ipotesi, potremmo pensare alla sua omosessualità come il tentativo di affrancarsi da tutto questo. Come il tentativo di affermarsi come qualcosa d’Altro rispetto a suo padre. Come il tentativo di dire “Io sono io”; “Io sono diverso da te”. Ma qualcosa – seguendo questa, che ripeto, è una mera ipotesi – è andato storto in questo passaggio. Questo movimento non ha esaurito tutta l’emancipazione desiderata. Perché se da un lato lei è qualcosa d’Altro rispetto alla sua famiglia, dall’altro lato, nelle relazioni va a ricercare proprio quella dinamica lì. Dunque: da una parte, il tentativo di affermarsi come soggetto indipendente dall’Altro, dalla sua famiglia, dall’altra una forza che l’attrae sempre e comunque verso lo stile generato in casa. Le consiglierei, dunque, di approfondire quest’aspetto. Di entrare dentro la costellazione familiare, andando ad analizzare con accuratezza le dinamiche che l’hanno caratterizzata. In questo modo, sarà possibile capire perché lei crede di non meritare l’amore. Perché è convinto che l’amore sia violenza, morsa iattante dell’Altro. Trovato l’“errore di base”, sarà possibile correggerlo. Si tratta di modificare questa visione distorta che ha di se stesso e delle relazioni, per costruire una nuova rappresentazione che contempli lei come un soggetto che, come tutti, merita un po’ d’amore in questa vita.
I miei auguri.
Dott. Simone Evangelista