Vorrei porre all'attenzione di voi professionisti e professioniste alcuni dubbi che mi stanno venendo riguardo a una terapia che seguo ormai da 6 mesi (2 sedute a settimana), orientamento psicoanalitico.
In particolare al terapeuta.
Si tratta dell'ormai terzo terapeuta che vedo, e questo lo sottolineo per onestà. ho 24 anni. Ho una storia alle spalle un po' complessa, ma vorrei soffermarmi su alcune affermazioni e atteggiamenti del terapeuta per sapere se sono giustificabili al di là di tutto o se mostrano un atteggiamento non professionale.
Ero sotto trattamento farmacologico (sertralina + stabilizzatore umore) quando sono entrata in analisi, e a uno dei primi incontri mi ha chiesto di potersi mettere in contatto con la mia psichiatra. A me è passato di mente, e ho avuto sempre una certa riluttanza nel prendere la mia terapia.
Dopo qualche seduta esce con la frase: "secondo me lei potrebbe fare a meno delle medicine..."
e così, le mollo. Non do (sottolineo!) piena responsabilità a lui, ho fatto io la scelta finale ma fatto sta che mi ha dato questo consiglio, dimostrandomi poi che "ecco, vede come sta bene! Lei non ha un bel niente, è nevrotica bla bla bla"
Entro in un momento di euforia meraviglioso (poi, come si può intuire con una ricaduta vertiginosa in una grossa depressione che sto avendo da un mese pieno), durato 2 mesi.
Nelle sedute successive alla mia interruzione di farmaci parlo del mio ragazzo e lui: " lei non è innamorata, del suo ragazzo, lei lo vuole lasciare"
E io, che abbocco con nulla alle figure con autorità con una mega sofferenza mi autoconvinco che è così (ovviamente ero in crisi anche con lui, ma diciamo che sono in crisi con la mia esistenza in generale). E specifico che un mio problema è la dipendenza da quello che pensano gli altri.
Gli faccio notare che secondo me mi sta spingendo a farmi lasciare il mio ragazzo e lui: no, no ma si figuri. Non mi interessa di questo, o di Pierino, a me interessa LEI
E poi nelle sedute successive: Eh, ma questo ragazzo è come la sua famiglia, è terribile, no, no, ma lo telefoni, insomma, prenda con leggerezza queste cose.
Nei mesi di euforia chiedo una pausa, inizio a credere che il "cattivo" e "manipolatore" sia il mio ragazzo, e lo tratto malissimo, dopo due anni e mezzo di relazione.
Piano piano inizia a salire la depressione, e il terapeuta mi dice "eh, ma i farmaci servono". Io rimango allibita, e poi mi dice che "no no voglio che veda il mio psichiatra di fiducia, perché mi fido solo di lui" e mi dà i contatti.
Insomma, è poi scoppiato un mega casino in casa mia, avevo raccontato a tutti che i farmaci li prendevo e invece no.
Ad oggi non capisco cosa io abbia; l'analisi mi ha messo in testa che io "voglio essere malata" e quindi boh (?) ma al contempo ho un disturbo dell'umore (cit. mio terapeuta).
Mi era stato diagnosticato un disturbo dell'adattamento, ma a quanto sembra ho avuto un episodio dello spettro bipolare (?). Insomma, ho un casino devastante in testa.
Attualmente mi sento davvero a terra, sento di avere "tradito" tutti, e mi farebbe molto male capire che il mio analista ha comunque avuto degli atteggiamenti poco professionali. Scusate la lunghezza
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11 APR 2023
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Ciao cara,
Capisco bene la tua confusione e il fatto che ti senti delusa da te stessa perché in questi ultimi mesi le cose non sono andate come avresti voluto. Sei stata molto chiara nel descrivere la tua situazione ma mi servirebbero più informazioni per esprimermi in merito, mentre inveve non voglio/posso esprimermi sulla competenza del tuo terapeuta, essendo comunque un collega. Quelle che posso darti sono semplici informazioni di chiarimento sulla nostra professione. In primo luogo l'unica figura professionale che può pronunciarsi riguardo la terapia farmacologica (quando assumere farmaci, il tipo di farmaco, la quantità e quando smettere con l'assunzione) è il medico, quindi nel nostro caso lo psichiatra. Se a farlo è un terapeuta non medico, non solo è antiprofessionale ma è passibile di denuncia in quanto è un vero e proprio abuso della professione. Inoltre smettere improvvisamente di prendere psicofarmaci può alterare ampiamente l'equilibrio psicologico, dunque anche questo è un passaggio che andrebbe discusso con lo psichiatra. Il secondo punto è che a seconda dell'orientamento ogni psicoterapeuta ha un modo diverso di fare interpretazioni riguardo ciò accade al proprio paziente, ma è altamente sconsigliabile dare giudizi e soprattutto dire al paziente cosa fare. La terapia dovrebbe essere uno spazio accogliente e soprattutto non giudicante. Ci sono terapie più direttive di altre, in cui si danno più consigli e altre invece in cui si guida il paziente verso un cambiamento ma glielo si lascia fare in maniera più autonoma, in modo che lui si riconnetta con i suoi desideri autentici e le proprie emozioni.
Detto questo, lascio a te trarre le tue conclusioni. E ci tengo a rassicurarti che trovare uno spazio di cura adeguato non è facile, a volte bisogna fare più tentativi, ma vedrai che se riuscirai a trovare quello adatto a te ci saranno grandi cambiamenti e piano piano inizierai a stare bene.
Ti mando un forte abbraccio,
Dott.ssa Valeria Passavanti
12 APR 2023
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Gentile Schubert34,
da quello che mi racconta la situazione è legata ad una mancanza di limiti e confini nella relazione terapeutica, limiti e confini che in qualche modo fanno si che il terapeuta si prenda tutta la responsabilità della terapia e non ci sia una sua parte che può esprimere dubbi e perplessità su quello che dice il terapeuta. Rispetto a questa confusione che prova si può e a mio avviso dovrebbe parlare con il suo terapeuta di questa situazione rispetto anche a quello che ha detto di sè, che le figure di autorità hanno molto charme nei suoi confronti che è confusa rispetto alla sua diagnosi, che pensa di aver deluso i suoi famigliari e di come queste frasi che evidentemente sono state dette con una certa leggerezza sono state interpretate come ordini. Rispetto a questo più che di anti professionale (aldilà della questione farmaci) vedo delle modalità non proprio terapeutiche di porre il proprio vissuto come un dato assoluto e non come una domanda. (ad esempio rispetto a lei non ama il suo ragazzo, poteva chiederle: ma lei è sicura di amare questo ragazzo?).
Capisco che in una semplice risposta non si può essere esaurienti per un tema così vasto, e rimango a disposizione per eventuali approfondimenti.
Cordialmente
11 APR 2023
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Buon pomeriggio. La confusione che provi, si percepisce anche dal tuo racconto. Non è sempre facile trovare il terapeuta giusto. Mi piacerebbe sapere il motivo per cui ne hai cambiati già due. Detto questo, a volte le frasi ed i commenti sono espressi per condurre ad una riflessione. So, che, a volte, sentirsi dire cose che non si pensano porta a confusione ed a sfiducia nei confronti del terapeuta, ma credo faccia parte del percorso e, se ci si sente non compresi in modo adeguato, bisogna farlo presente durante la seduta. Riguardo ai farmaci, non so se il tuo terapeuta ha parlato con il tuo psichiatra, ma penso sarebbe opportuno. Se non lo ha fatto, potresti, magari, chiedere al tuo psichiatra di parlargli, in modo che possano collaborare per aiutarti al meglio. Spiega al tuo terapeuta che ti sentiresti più tranquilla se parlasse con lui. Hai bisogno di maggiore accoglimento e non di ulteriori pareri sulla tua situazione. Per quanto riguarda il rapporti con il tuo ragazzo, se senti di aver sbagliato ad allontanarlo, prova a parlargli del tuo malessere e della confusione che provi in questo momento, cercando il suo sostegno, se la cosa può aiutarti a stare meglio.
Hai tutte le potenzialità per riuscire a lasciarti alle spalle questo periodo. E queste potenzialità sono dentro di te. La tua serenità deve essere la tua priorità, quindi prendi in mano la tua vita e le tue esigenze e non lasciare che siano solo gli altri ad occuparsi di te. Hai bisogno di aiuto, ma devi far sì che questo aiuto si aggiunga a quello che tu puoi fare per te stessa, scegliendo cosa ti rende più serena.
Spero di esserti stata utile. Un abbraccio
11 APR 2023
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Non so dire se il comportamento è antiprofessionale. È un comportamento che non mi piace perché da come lo descrivi pare che lui abbia delle certezze sul che cosa devi fare per stare bene, ossia le seguenti certezze:
- lascia il ragazzo perché non ne sei innamorata...
- lascia i farmaci perché non sei malata...
- torna a riprendere i farmaci perché ne hai bisogno...
- due sedute a settimana...
mentre invece da un terapeuta mi aspetto che mi dia la possibilità di mettere ordine nella mia mente attraverso anche delle azioni pratiche, ma che questo avvenga solo dopo che ne ho compreso le ragioni, il significato e il perché cambiare abbia un senso per il mio benessere.
Certamente questo deve avvenire in tempi congrui, ossia non può durare un anno o più. In poche sedute bisogna fare luce sui problemi, e trovare il modo per venirne a capo. Magari non si risolveranno in brevissimo tempo, ma si potrà cominciare a gestire le difficoltà con più leggerezza e consapevolezza, avviandosi verso una "guarigione".
Io ti consiglierei di dare un'occhiata a quei modelli di terapia che sono supportati da evidenze scientifiche per efficienza ed efficacia. Per cui guarderei su google quali sono gli interventi terapeutici più indicati sulla base della ricerca scientifica per il problema di cui soffri.
In bocca al lupo