dove mettere un limite e cominciare a proteggersi?

Inviata da Luca · 30 nov -1 Psicoterapia

Nel corso di una cena, mia sorella, parlando di una questione tra tre sue conoscenti, ha cominciato a dire che la laurea in Lettere è più difficile di quella in Relazioni Internazionali. Essendo anche io laureato in Relazioni Internazionali, mi sono un po' sentito tirato in ballo e ho risposto: "ma forse queste persone hanno altre problematiche tra loro, non ha senso fare paragoni tra percorsi universitari, ogni percorso ha le sue specificità, forse queste persone dovrebbero domandarsi perché sentono l'esigenza di sminuirsi a vicenda in relazione ai percorsi di laurea", ma non ho ottenuto alcun risultato. Lei e il marito hanno ribadito il concetto più volte, lui con qualche sorrisino ha aggiunto anche che "addirittura il ristoratore vicino casa ha la laurea in Relazioni Internazionali". Cercavo di spiegare che le difficoltà sono soggettive, dipendono dalle inclinazioni e tanti altri fattori, ma mi sono beccato solo frasi generalizzanti. Parlando di alcuni problemi che il figlio sta avendo all'università, ha cominciato a dire che "lei, come madre, non può comunicare messaggi sbagliati ai propri figli", che "arrivati a 30 anni si dovrebbero abbandonare gli studi, una madre dovrebbe mettere un freno a certe cose, tutti 30 non servono a nulla, un datore di lavoro non accetterà mai persone di una certa età e fuoricorso". Io ho 30 anni, sono fuoricorso alla specialistica da vari anni, ho voti alti agli esami, e mia madre ha deciso di sostenermi per un percorso psicologico che comincerò a settembre. Capisco che mia sorella sia molto preoccupata per il futuro dei figli, però sono un po' stanco di queste modalità di interazione. Pensavo che ora, vivendo con suo figlio alcune difficoltà, fosse in grado di capire meglio anche la mia situazione, e invece sta accadendo il contrario. A volte mi dico che non si riferiva a me e che sono io a prenderla troppo sul personale, ma altre volte penso che non posso non sentirmi coinvolto dalle sue parole sebbene lei non abbia mai espresso il termine "tu". Sicuramente sono rimasto deluso del fatto che non abbia voluto fare nessuno sforzo per calibrare empaticamente le sue frasi in modo da non lanciarmi messaggi distruttivi, ma è stata una sua scelta e non posso farci niente. Il problema è che a breve tornerà a chiedermi di svolgere per lei una serie di favori che negli ultimi due anni le ho regolarmente fatto, e mi sento a disagio. Da un lato vorrei parlare e chiarire, ma ogni volta che l'ho fatto mi sono beccato sempre un "sei così malpensante, io non mi riferivo a te". Dall'altro vorrei semplicemente lasciar perdere, prendere le distanze, e pian piano dire "no" alle sue richieste. Non ho problemi a passare ogni tanto tempo con lei, ho fatto già un percorso psicologico un po' di anni fa e riesco a mettere qualche "scudo mentale" al mio sentire che non valgo nulla perchè ancora non mi sono realizzato lavorativamente, però regalarle anche il mio tempo e i miei sforzi... mi sento a disagio... quasi un po' "bullizzato", e comincio a provare fastidio. Cerco di dirmi che sarà meglio vivere le conseguenze del dirle "no" ai favori piuttosto che vivere con questa strana sensazione di abuso, però a volte tendo a dirmi "in fondo non ha detto niente, perché cominciare a negarle dei favori", altre volte invece mi chiedo: "una persona può realmente pronunciare quelle frasi e non rendersi conto che sta in qualche modo toccando anche chi ha di fronte?".

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