Genitori maltrattanti

Inviata da malù · 30 giu 2024 Terapia familiare

Buongiorno,

Soni una ragazza di 30 anni che vive da sola con la propria bimba, non senza difficoltà.
Vivo da sola da quando ho 19 anni, per i motivi che spero saranno chiari al termine di questa mia confessione.

Da quando sono bambina ricordo di aver provato una grande vergogna.
Un desiderio di evasione, voglia di crescere mischiata alla necessità di essere serena.

Avevo pochi anni quando dovetti iniziare ad assistere alle continue situazioni drammatiche della mia vita familiare.
Ricordo nitidamente le serate in cui, di fronte a mio padre che minacciava di andarsene, mia mamma, con il proprio corpo a fare opposizione, cercava di farlo desistere, da buona dipendente affettiva. Nonostante le continue vessazioni , umiliazioni e parole violente che lui le “donava” ogni giorno. Qualche volta provai anche a chiamare il 118. E dopo qualche minuto, lui, in preda alla paura di vedersi licenziato (era un dipendente pubblico), richiamava i sanitari per dire che era tutto a posto, che mia mamma era soltanto svenuta, e io mi ero solamente preoccupata. Ho subito le sue nervosità che, regolarmente, ci venivano vomitate addosso sotto forma di “ che schifo hai cucinato”, “non sai fare niente” e “sei deficiente, incapace, devi solo vergognarti”. Quando c’erano questi epiloghi quotidiani io non dicevo nulla, piangevo tanto, e mi vergognavo. Non dicevo nulla, a scuola. Ciò che vedevo era vissuto da me in modo sproporzionato. Me lo ripetevo. Giustificavo quello che accadeva, lo minimizzavo. Se lo avessi raccontato, non solo non mi avrebbero creduto ma, come se non fosse bastato, mi avrebbero emarginata, per sempre.
Avevo undici anni quando iniziai a soffrire di anoressia, che poi arrivò a trasformarsi in bulimia, poi ancora in bing eating.
Ma, da fuori, ero normopeso (salvo grandi yo yo) e tutti pensavano che stessi bene, finalmente.
Io, però, dentro, morivo.
Decisi che andare via di casa non appena raggiunta la maggiore età, fosse la cosa migliore da fare. Allontanarmi dai miei aguzzini poteva solo farmi bene. Farmi essere ME.
Andai a vivere a più di 3 ore di auto da loro,
E i problemi, almeno inizialmente, si risolsero. Avevo reciso l’aorta che mi faceva dipendere da loro. Ero me.
Da 4 anni a questa parte, purtroppo, sono tornata a vivere vicino (geograficamente a loro) e di nuovo la relazione familiare è divenuta più intima.
Con questo “riavvicinamento” sono tornati tutti i miei problemi. Alimentari, di autostima e fisici (insonnia, palpitazioni ecc).
Ora, io vorrei recuperare con loro un rapporto sano, ma nonostante io gliene abbia parlato, loro dicono che sono io che PERCEPISCO le cose in modo abnorme. (Non capisco cosa ci sia di deviatamente abnorme nell’’assistere a maltrattamenti in familiari)
Ogni volta che mi lascio convincere a dare loro seconde opportunità, mi ritrovo sempre umiliata da parte di mio padre (padre padrone, narcisista, svalutante, e con doppia personalità ) e in un bagno di lacrime, pensando di non valere nulla.
Non so che cosa fare. Sono sempre da capo.

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