Coppie infelici che fanno di tutto per rimanere tali
Nella coppia una comunicazione errata, che sfocia in tensioni e conflitti, può diventare una modalità di espressione normalizzata.
L’obiettivo di quest’articolo è evidenziare tutto ciò che le coppie infelici fanno per continuare ad essere e rimanere tali (a volte senza accorgersene). Perché succede? Perché una comunicazione errata, se profondamente radicata, può arrivare a normalizzarsi.
Faremo particolare riferimento all'ottimo lavoro di Yvon Dallaire, psicologo del Quebec, che ha messo in luce i tratti comuni alle coppie che si sforzano di soffrire.
Gli ingredienti di base sono i seguenti e possono essere utilizzati con grande intensità e tenacia da ciascuno dei membri della coppia, anche se in modi diversi.
1) Critica sarcastica e banalizzazione (o generalizzazione)
Faremo riferimento, prima di tutto, alla tendenza a mettere in discussione l'altro attraverso il sarcasmo, che mira a ridicolizzare, sminuire, offendere e disprezzare. Qual è il problema del sarcasmo? Il problema è che si tratta di un’arma tagliente che può lasciare spazio a fin troppi fraintendimenti.
È opportuno anche evitare la banalizzazione e la generalizzazione: esprimere i propri sentimenti in merito a una situazione o ad un comportamento particolari non ha lo stesso effetto di rimproverare o criticare la persona in generale, con frasi del tipo: "non fai mai quello che dici, arrivi sempre in ritardo senza avvertirmi, non cambierai mai, gli altri per te sono sempre al primo posto, pensi sempre solo ed esclusivamente a te stesso/a….”.
2) Disprezzo
Possiamo parlare di disprezzo quando uno dei due componenti della coppia non riesce più ad apprezzare il suo compagno o la sua compagna, e pronuncia frasi come: “ma guarda come ti vesti, come sei grasso/a, non sai fare niente, dimentichi tutto, non hai rispetto nei miei confronti...”. Il disprezzo si esprime anche attraverso giudizi di valore impliciti, ma facilmente intuibili osservando la mimica, le smorfie o il broncio sprezzante.
Il disprezzo mira a umiliare, spesso anche di fronte agli altri. Ma il disprezzo non fa che generare altro disprezzo.
3) L'atteggiamento difensivo
Di fronte alle critiche (anche costruttive) o alle domande dell'altro, chi assume queste atteggiamento si pone come unico obiettivo quello di difendersi e giustificarsi, con l’intenzione di dimostrare che è l'altro a sbagliare.
In altre parole, parliamo di una persona incapace di gestire il conflitto. Vuole solo dimostrare che l’altra persona ha torto, e rilancia le accuse che diventeranno sempre più estreme.
4) Chiudersi nel silenzio
Uno dei componenti della coppia si chiude nel silenzio. Va via dopo la discussione, esce dalla cucina o addirittura esce di casa quando l’altro cerca di coinvolgerlo perché vorrebbe parlare di ciò che non va nella relazione.
Questo tipo di atteggiamento fa molto male a chi vorrebbe non solo parlare, ma vorrebbe anche essere ascoltato. E vorrebbe anche sapere cosa sente e pensa l’altra persona.
Questi quattro comportamenti garantiscono il mantenimento di uno stato di reciproca insoddisfazione, di tensioni che non vanno via e di conflitti endemici. Non conta solo la frequenza dei litigi, ma anche il modo in cui una coppia litiga e il modo in cui gli scenari si ripetono, incastrandosi tra loro.
Come uscire da questo schema?
- Prendere consapevolezza di questa modalità di comunicazione distruttiva;
- prendere in considerazione sia la terapia di coppia che quella individuale;
- imparare a parlare servendosi di una comunicazione non violenta, non giudicante e assertiva:
-
- esprimere i propri sentimenti, in prima persona e senza accusare l’altro (spiegando anche il significato delle parole);
- ascoltare ed essere ascoltati, prendendo in considerazione ciò che viene detto senza trarre conclusioni affrettate;
- valorizzare l’altro (quindi ringraziare) e riconoscere i suoi sforzi;
- essere riconosciuti per quello che si è e per come si è davvero, senza proiezioni;
- privacy personale e di coppia;
- bisogno di creare e costruire progetti insieme;
- bisogno di sognare e sperare che tutto possa migliorare, e che quindi il domani sarà migliore.
Vivere in coppia: come stare bene pur essendo diversi?
Al di là della fase dell'innamoramento e dell'amore romantica, che è una fase iniziale limitata nel tempo, è comunque necessario imparare a vivere la relazione con una certa continuità (nel tempo e nello spazio) se i due partner vogliono creare una coppia.
Ogni fase dell'innamoramento si basa sull'attrazione, sui sentimenti e sulle proiezioni reciproche che dovranno poi confrontarsi con la persona reale.
Una relazione di coppia ruoterà poi attorno a 4 componenti personali:
- slegarsi per potersi alleare;
- essere abbastanza autonomi emotivamente e materialmente;
- avere un progetto comune e l’idea di un futuro da costruire insieme;
- la capacità (già presente o da sviluppare e migliorare) di proporre reciprocamente comunicazioni e scambi di qualità che dovranno essere attuati quotidianamente, per alimentare e rinvigorire il rispetto reciproco.
Ciascuno dei partner dovrà anche imparare a vivere la relazione intima, relazione che si forma anche attraverso una doppia intimità:
- l'intimità comune e condivisa;
- la privacy personale e privata.
Dovranno esserci i mezzi per vivere gli scontri quotidiani e le situazioni che possono verificarsi ogni giorno, per sostenersi a vicenda (e non per negarsi, squalificarsi o svalutarsi), per andare avanti in squadra e non per competere o combattere come a volte purtropppo accade.
Sviluppare una certa autonomia emotiva
Per allearsi con l'altro, è meglio aver già stretto un'alleanza con se stessi. La conoscenza di sé porta ad una maggiore responsabilità verso i propri sentimenti.
"Sono responsabile di ciò che sento, non devo ritenere l'altro responsabile di ciò che vive in me e mi attraversa".
Imparare a rispettare se stessi, e a rispettare l'altro, significa anche "non lasciarsi più definire dall'altro". Non esistono compromessi, sottomissioni o concessioni che fanno stare insieme due persone: è invece fondamentale affermare e riconoscere le differenze.
Articolo di Catherine Maquere pubblicato su Psychologue.net
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