Le basi del conflitto: la deprivazione empatica
In questi giorni durante i quali il conflitto bussa ai confini del nostro Paese, tutti ci siamo trovati ad assistere a scene di grande sofferenza e sgomento:
In questi giorni durante i quali il conflitto bussa ai confini del nostro Paese, tutti ci siamo trovati ad assistere a scene di grande sofferenza e sgomento: di fronte a quelle immagini, credo che a molti di noi sia capitato di commuoversi o spaventarsi o ancora provare paura alla vista della guerra e delle sue dirette conseguenze.
Io personalmente trovo incredibile che ancora oggi gli interessi politico-economici riescano a superare ed annientare qualsiasi forma di pensiero critico, qualsiasi emozione, finanché il buonsenso e persino la compassione.
"Erosione empatica", così Simon Baron-Cohen, cugino del noto attore Sacha, nel suo libro "La scienza del male" definisce uno dei meccanismi predominanti che agiscono in situazioni di conflitti crudeli: l'empatia è la nostra capacità di identificarci con un individuo fuori da noi, riconoscendolo innanzitutto come nostra simile, in grado di provare le stesse emozioni e gli stessi pensieri che proviamo noi, legittimandolo al ruolo di nostro pari; l'empatia si realizza nella relazione, riconoscendo che l'esistenza di un altro fuori di me, simile a me. Attraverso il riconoscimento dell'esistenza di un altro fuori di me, quindi del principio della dualità e della relazione come oggettivazione di questa correlazione, io definisco anche me.
L'assenza di empatia impedisce di comprendere e dare un senso anche alle azioni più efferate poiché l'individuo non è in grado di attribuirne un senso; questo non vuole essere una giustificazione biologica ed organicista del comportamento crudele agito in certe circostanze, anche perché erosione empatica è senz'altro il frutto della sovrapposizione di più fattori (famigliare, emotivo, ambientale, sociale, culturale) ma un passaggio fondamentale per comprendere il perché siano ancora possibili certi scenari.
L'empatia si basa sul coinvolgimento di strutture biologicamente determinate: insula anteriore, amigdala, corteccia cingolata anteriore e mediale, corteccia somatosensoriale, opercolo frontale, giro frontale inferiore, lobulo parietale e molti altri ed è stato scoperta una certa quantità di geni che codificano sostanze organiche coinvolte nello sviluppo della empatia: serotonina, ossitocina, testosterone fetale.
Se per alcuni casi i sistemi biologici correlati allo sviluppo dell'empatia sono carenti, dall'altro gli studi condotti dall'autore evidenziano che è possibile adottare un comportamento temporaneamente non empatico sulla base delle credenze: questo implica la possibilità di dissociarsi momentaneamente dal contesto emotivo fuori da noi in nome di principi o ideali ritenuti più importanti o superiori.
In buona sostanza, la carenza di empatia implica una interruzione, una rottura della capacità di entrare in relazione con qualsiasi essere vivente al di fuori di noi innescando una conseguente impoverimento della sfera emotiva oltre che la totale abolizione dei confini che ci definiscono.
Perché è nella dualità della relazione che l'individuo si percepisce come sè stesso e come separato dall'altro.
Nel momento in cui nel mio mondo interiore esisto solo io, sfumano i confini, perdo la definizione di me stesso come persona e mi smarrisco nella solitudine e nel dolore della indeterminazione.
Io credo che questa sia la condizione che più si avvicina alla mia personale idea di "inferno".
Nella tradizione del popolo Maya esiste un saluto emblematico: "In lack'ech, Ala K'in", "io sono un altro te, tu sei un altro me". Queste brevi parole racchiudono tutto il potere del riconoscimento e il fondamento dello sviluppo della empatia: è nel momento in cui ammetto l'esistenza di una altro esterno a me ma simile che potrò riconoscerne e definire le emozioni, il Sé fisico, la coscienza ed infine la propria identità ed autostima.
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