Videogiochi e violenza: sono collegati?
I videogiochi sono precursori di comportamenti più violenti? Possono creare un atteggiamento più violento? Scopri cosa dicono a riguardo gli specialisti e gli studi scientifici.
La naturale diffidenza degli esseri umani verso le cose nuove e le abilità politiche nel trovare capri espiatori piuttosto che interrogarsi sui propri fallimenti in campo sociale portano ancora oggi molto spesso al mettere in relazione fatti di cronaca che coinvolgono soprattutto adolescenti e violenza ai videogiochi, e questo sin dalla nascita dei videogiochi stessi, intorno agli anni 70 del secolo scorso.
Esiste un legame tra videogiochi e violenza?
Tra i maggiori esponenti di questa linea di pensiero troviamo Craig A. Anderson, che si rifà alla Teoria dell'Apprendimento Sociale di Bandura (Bandura & Walters, 1963):
- Attraverso il modellamento (l'individuo modifica il proprio comportamento in base a quello di un soggetto osservato, che viene quindi preso come modello) (Miller & Dollard, 1941) e i concetti di premi e punizioni tipici del condizionamento operante (Skinner, 1938) il contenuto violento dei videogiochi potrebbe essere imitato a causa delle sequenze di comportamento aggressive immagazzinate in memoria durante il gioco.
- Il controllo attivo del personaggio porterebbe ad alti livelli di immedesimazione e coinvolgimento, e il ricevere dei premi per le azioni violente compiute potrebbe promuoverle (Anderson & Bushman, 2002; Triberti & Argenton, 2013). Più recentemente ha invece preso forma un orientamento che propone i videogiochi come dei medium positivi, in grado di migliorare alcune funzioni cognitive. Christopher J. Ferguson ne è il maggiore esponente, e nel 2007 ha pubblicato una meta-analisi riesaminando i risultati delle ricerche post 1995. Da questo studio non sono emerse prove significative riguardanti un incremento dell'aggressività nei giocatori presi in considerazioni ma anzi, si sono notati discreti miglioramenti delle funzioni cognitive, ad esempio: migliore coordinazione oculo manuale, tempi di reazione notevolmente più brevi, miglioramento dell'elaborazione visuo-spaziale, più ampia capacità di anticipazione visiva e migliore gestione dell'attenzione in situazioni dinamiche (Ferguson & Kilburn, 2010; Latham, Patson & Tippet, 2013).
- Un altro effetto attribuito ai videogiochi è quello di desensibilizzazione e diminuzione dell'empatia (Greitemeyer, 2013). Per analizzare meglio questo fenomeno, nel 2017 è stato condotto uno studio che considerasse gli effetti a lungo termine dei videogiochi violenti, con un campione di videogiocatori di sparatutto in prima persona e un gruppo di controllo di non giocatori, e tra i due gruppi non si sono evidenziate differenze significative nei livelli di empatia e di aggressività (Szycik, Mohammadi, Münte & te Wildt, 2017).
Livelli maggiori di aggressività possono invece evidenziarsi subito dopo l'aver giocato, ma si tratta di un'aggressività apparente legata alla competizione, analoga a quella osservata nelle competizioni sportive. Una cosa importante da considerare nei videogiochi è comunque il contesto narrativo nel quale i protagonisti si muovono, un aspetto che media notevolmente il contenuto violento del gioco stesso nei confronti del giocatore; storie complesse possono permettere al giocatore di fare esperienza di scelte morali, emozioni e relazioni, e possono. Per questo i videogiochi possono diventare risorse evolutive, sia per i giovani adolescenti, sia per adulti.
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