Genitori manipolatori , come gestirli?

Inviata da cursedprince · 30 nov -1 Psicoterapia

Buongiorno a tutti e grazie per l'attenzione. Vorrei chiedere qualche consiglio su come gestire un difficile rapporto con i miei genitori, soprattutto con mio padre.
Proverò a riassumere la mia situazione dalla mia infanzia a oggi.
Sono nato e cresciuto a Napoli, tranne un periodo di tre anni a Londra durante l’infanzia. I miei genitori hanno sempre lavorato da casa con il computer, quindi mi hanno sempre tenuto sotto controllo. Ricordo che mia mamma apriva leggermente la porta per vedere se stessi studiando e lo rifece anche quando avevo 25 anni, dopo la laurea, durante la preparazione di un concorso.
Mio padre ha una personalità manipolativa e furba, mia madre, invece, è passiva e si alza già incazzata con la vita, forse anche perché mio padre cerca sempre di dare lezioni su tutto e tutti, credendo di avere un’intelligenza superiore. Mio padre è del Vomero, un quartiere alto, mentre mia madre è dei Colli Aminei, medio-alto. Poco prima della mia nascita, si sono trasferiti al Centro Direzionale, un quartiere a ridosso della stazione centrale che considerano un'"oasi nella merda".
Non hanno amici e mia madre, quando è da sola, sembra affettuosa con me, ma diventa un sergente di ferro quando è presente anche mio padre. Mio padre e mio nonno non hanno mai avuto un buon rapporto; mio nonno ha cacciato mio padre di casa più volte quando era adolescente, considerandolo un fallito a causa dei suoi risultati scolastici.
Comunque, da piccolo, i miei genitori mi hanno sempre descritto come "discolo". Hanno sempre denigrato chi parlava in dialetto e cercato di farmi credere "superiore" verso chi non parlava solo italiano. Io, invece, valutavo le persone in base alla loro qualità interiore e non all’estrazione sociale.
I miei amici, che, a detta dei miei, hanno un’estrazione sociale più bassa rispetto alla mia, sono sempre stati per me la cosa più importante e nulla mi ha mai impedito di considerarli tali. Ho anche scritto un romanzo in cui siamo i personaggi di una storia. L' ho scritto perchè volevo che l'affetto che provo per loro sia tangibile.
Fin dai primi anni, mio padre mi ha sempre obbligato, pena insulti, a portare i capelli medio-lunghi, come lui, e mia madre mi ha sempre fatto pressioni per mantenere questo stile. Per loro, i capelli corti li portano i cafoni. Questo mi ha causato disagio, soprattutto quando ero piccolo e venivo scambiato per una ragazzina.
Durante l’infanzia, ho frequentato la materna a Londra e poi siamo tornati a Napoli, dove ho frequentato una scuola vicino al carcere, frequentata da bambini piuttosto aggressivi. Ho subito molte mazzate gratuite e ricordo di aver chiesto aiuto più volte ai miei, ma oltre a un colloquio con la preside, senza successo, non riuscirono a fare nulla. Pensavano che io provocassi gli altri bambini o che non avessi la faccia "giusta" per quel quartiere, mentre io sono un tipo che si fa sempre i cazzi suoi.
Durante l’adolescenza e l’università, ho avuto risultati scolastici nella media, con qualche difficoltà in alcune materie, ma sono sempre stato promosso. I miei genitori hanno sempre minimizzato i miei sforzi, attribuendo tutto il merito a loro stessi per l’aiuto che mi davano. Nonostante io abbia completato gli studi senza chiedere il loro aiuto, continuano a dire che senza di loro non sarei riuscito a laurearmi.
A 18 anni, ho sviluppato un disturbo alimentare chiamato binge eating, che ultimamente sento di tenere sotto controllo. Quando mi sentivo solo e annoiato, mi rimpinzavo di dolci, e credo che questo sia dovuto alla continua repressione alimentare a cui sono stato sottoposto, poiché credono che l'aspetto fisico sia l'unica cosa che posso giocarmi. Inoltre, quando mangio qualcosa fuori dalla dieta in loro presenza, mi viene un’ansia che non riesco a controllare.
Ho sempre avuto un corpo nella norma, ma mi sono impegnato molto con gli allenamenti e ho raggiunto una forma fisica notevole. Tuttavia, i miei genitori mi hanno sempre garantito solo 2 pasti al giorno, con al massimo 70 grammi di pasta e verdura, niente secondi e niente colazione, perché preferiscono solo bere il caffè e sono sedentari. A causa del mio problema con il cibo, mi hanno consigliato di fumare marijuana con loro. Ma la situazione è peggiorata, poiché mi venivano attacchi di fame chimica.
Io sono iperattivo, faccio molti allenamenti cardio e di boxe, mi pago io le spese per pollo, uova e cibi che servono per gli sportivi e loro non hanno mai voluto capire il motivo della mia necessità di sfogare la rabbia o di mangiare questi alimenti. Quando ho cominciato a praticare boxe, che loro considerano uno sport per carcerati, hanno cominciato a calmarsi un po’. Chissà perché.
A 20 anni, mi hanno fatto una carta su cui avrei ricevuto gli stipendi, di cui non mi hanno mai dato né la password né l’username, perché pensavano che avrei sperperato tutto con il cibo. Mi hanno anche sequestrato i soldi per pagare affitto e bollette, spendendoli per il "bene della famiglia". Dopo ciò, mi sono fatto una carta mia, e si sono pure offesi e cercano ancora di farmi accreditare lo stipendio sull'altra carta. Mai più.
Ho lavorato come receptionist e come mediatore culturale dai 22 ai 25 anni, ma i miei hanno sempre detto che mi hanno cacciato da quei lavori dopo anni di contratto. Successivamente, ho svolto attività di dog walking nel mio quartiere, che è stata denigrata perché non attinente alla mia laurea.
A causa della loro situazione precaria, dai 25 anni mi hanno obbligato a contribuire con 300 euro al mese, altrimenti sono fuori di casa. Dicono anche che è un prezzo economico per una stanza, con quello che c’è in giro.
A 26 anni, ho avuto un attacco di panico quando tornai da una passeggiata con un cane; era estate e avevo bisogno di farmi una doccia. Mia madre poi mi disse che non potevo farmi una doccia al giorno poiché la bolletta era aumentata e mi ha chiesto altri soldi oltre a quelli che do tutti i mesi.
In virtù di ciò, sono andato a vivere con mia nonna, i cui rapporti con mio padre si sono incrinati ancora di più, e mi chiedevano comunque i soldi, nonostante non vivessi più con loro. Poi, dopo qualche mese, mi hanno pregato di ritornare e ho accettato, perché mi facevano pena.
Ora sto lavorando di nuovo come receptionist e io e la mia ragazza stiamo risparmiando più soldi possibili per andare all'estero. Ma ho paura di un affronto finale, una volta che potremo andarcene. Ho paura di una reazione violenta o addirittura letale. Faccio spesso sogni in cui li strangolo o li ammazzo a suon di pugni.
Non voglio sembrare una vittima e credo che le esperienze negative ci rendano persone migliori, ma sta diventando tutto troppo opprimente e la mia pazienza si sta esaurendo dal momento che hanno sempre cose da ridire su tutto.
È possibile una riconciliazione o è meglio tagliare definitivamente i ponti una volta fuori dall'Italia?

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