vi scrivo perché ho un dubbio in merito al comportamento di una psicologa a cui una persona a me cara di famiglia si è rivolta. Lei è giovane, dopo essersi lasciata col fidanzato al culmine di un anno di problemi familiari, ha deciso di rivolgersi ad una psicologa, se non altro per scaricarsi e per parlare con una persona esterna alla famiglia. Anzitutto, nelle due sedute che ha fatto a distanza di giorni, dopo le sedute la vediamo cupa, triste, mentre prima magari rideva anche, prima di andare alle sedute, ma ciò che più mi preoccupa è il comportamento di questa psicologa, che all'insaputa della sua paziente, dal primo momento ha chiesto il numero di noi familiari stretti ed ogni giorno dobbiamo farle il resoconto, dirle tutto ciò che la sua paziente fa, parlarle di questa storia ormai finita. La mia cugina non sa nulla di tutto questo, io nella vita mi occupo di altro ed ho un codice deontologico dove dei comportamenti sono vietati, ma non so se questo è tale, per cui non so se il comportamento della dottoressa sia corretto o meno, ma sa a me sembra scorretto. Mi riesce a "sciogliere questo dubbio"?
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27 LUG 2016
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Maria
ma vogliamo scherzare!... Una cosa del genere non esiste, è la prima volta in assoluto che ne sento parlare.
Può esistere che lo psicoterapeuta chieda al paziente di fare un incontro con i famigliari (se il paziente è d'accordo) per conoscerli ma no di certo una cosa come questa da lei descritta.
Qui mi sembra proprio che non si abbia nozione e non solo rispetto del codice deontologico.
Penso che i familiari dovrebbero chiedere spiegazioni alla psicologa e tutelare la ragazza in questione.
Cambiare psicologo-psicoterapeuta
Cordiali saluti
Dott. Silvana Ceccucci psicologa psicoterapeuta
27 LUG 2016
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
gentile Maria, il rapporto e paziente è fondato sul rispetto, onestà e la fiducia reciproci. Inoltre c'è un aspetto più sottile nel comportamento della psicologa, come da Te dscritto. Il fatto è che le presunte "informazioni" che possa raccogliere all'insaputa della sua paziente non hanno alcun valore per la terapia, perchè: 1) ognuno vede gli altri secondo come lui stesso è, e quindi le cose che potrebbe raccontare, ad esempio, il fratello non sarebbero le stesse, se non superficialmente, di quelle che potrebbe raccontare la madre. 2) i fatti non esistono, nel senso che non sono i fatti ad essere significativi ma come la Tua amica li ha vissuti. Ed è scoprire queste verità interiori che può promuovere quel salto di prospettiva emotiva con cui li abbiamo vissuti e quindi quel cambiamento nel verso della salute e libertà interiore che è l'obiettivo del paziente e del terapeuta.
Ma sei poi sicura che sia un vero terapeuta ? hai controllato sull'albo degli psicologi ? Perchè, francamente, non ho mai sentito una cosa simile, che mi sembra inutile e contraria allo stesso concetti di psicoterapia, oltre che alla deontologia professionale.
Dico questo naturalmente in base a quanto hai raccontato. Forse la situazione invece è tale ( per esempio un disturbo psichico molto, ma molto, serio ) da rendere necessario il coinvolgimento dei familiari.
Cordialmente. Dr. Marco Tartari, Asti
26 LUG 2016
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Gent.ma Maria,
aggiungo un paio di suggerimenti a quanto le è già stato detto dai colleghi, spero possano esserle utili:
1. Verifichi che la psicologa alla quale si è rivolta la sua parente sia davvero una psicologa. I casi di abuso sono frequenti. Può controllare se il suo nome è nell'Albo e se è abilitata all'esercizio della psicoterapia su internet.
2. Esponga alla psicologa le sue perplessità, il suo disagio e il suo disappunto riguardo a questo comportamento, dandole modo di spiegarle in base a cosa ha deciso di informarsi alla spalle della paziente.
3. Per poter derogare alla riservatezza è necessario sussistano condizioni contenute nella legislazione italiana. La casistica più frequente prevede la richiesta del consenso esplicito, cioè scritto (così è stato interpretato dalla giurisprudenza). Se è minore, questo consenso va dato da entrambi genitori, ameno che uno non abbia perso la potestà.
Fortunatamente sembra che qui non siano state riferite cose della paziente a voi (sarebbe gravissimo) ma solo un contatto e un'azione poco limpida nei confronti della paziente.
Mi auguro che le cose stiano diversamente, se però dovessero essersi verificate violazioni gravi delle regole deontologiche vi consiglio di cercare un professionista e di esporre quanto è avvenuto alle autorità competenti.
26 LUG 2016
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Gentile Maria,
un punto fondamentale che Lei non specifica è l'età di Sua cugina. Se parliamo di un paziente minorenne fa parte della terapia avere un confronto con i parenti prossimi del paziente. Se si tratta invece di una persona maggiorenne bisogna avere il permesso del paziente per qualsiasi comunicazione con i congiunti e in ogni caso il contenuto delle conversazioni va sempre concordato con il paziente stesso.
25 LUG 2016
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Buongiorno,
la condotta è particolarmente scorretta e poco utile, così come da lei raccontata in questo luogo. Io, ne parlerei con la direttta interessata, la sua conoscente, così da renderla a conoscenza di tale pratica.
Una domanda: la collega, come ha ottenuto il numero di telefono dei familiari?
25 LUG 2016
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Buongiorno gentile Maria,
se la giovane è minorenne è importante ed opportuno coinvolgere la famiglia e/o i parenti più prossimi, coloro che stanno a stretto contatto con la ragazza. Senza entrare nel merito della collega che comunque opera in base alla sua specializzazione ed impostazione e che aderisce anch'essa al codice deontologico degli psicologi italiani, potrebbe essere questo il caso se la giovane ha palesato intenzioni suicidarie o intenzioni pericolose per se stessa. In ogni caso, se la psicologa ha ricevuto i vostri numeri di telefono significa che la ragazza li ha forniti e ha dato il suo consenso per le telefonate a voi. Parli con la collega e con la ragazza per ulteriori delucidazioni.
Cordiali saluti
Dr.ssa Anna Mostacci Psicologa Psicoterapeuta Roma
25 LUG 2016
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Buongiorno Maria, sinceramente, mi sembra difficile immaginare una condotta , tanto ovviamente scorretta, da parte di una collega. Non riuscirei a trovare una sola motivazione per fare un qualcosa all'insaputa del mio paziente. Dunque, sarebbe utile qualche altra informazione. Parlando in generale ed in astratto, per quel che mi riguarda, posso anche chiedere notizie ai parenti o amici stretti del mio paziente (ma non è una strategia clinica che uso perché sarebbe una specie di setting allargato e la persona che seguo potrebbe non sentirlo come totalmente privato e protetto), ma sempre dopo averlo concordato con il paziente e, in ogni caso, deve sempre essere presente o sentire qualunque cosa mi fosse riferita (per una questione non solo etica e deontologia ma, soprattutto, di fiducia personale). Il fatto che dopo due sedute la sua amica stia peggio non è indicativo, alcune volte può anche essere la spia che, in seduta, è stato smosso qualcosa di rilevante a livello emotivo e non ancora chiarito esplicitamente.
Spero di aver risposto, in qualche modo,
dott. Massimo Bedetti
Psicologo/Psicoterapeuta
Costruttivista Postrazionalista Roma