Sfogo (scusate, è un papiro)

Inviata da Fedy · 30 nov -1 Depressione

Buongiorno a tutti.
Sono una ragazza (o donna, che dir si voglia) di quasi 29 anni. Scriverlo mi fa un certo effetto, non avrei mai pensato di arrivarci a questa età. La voglia di vivere mi è venuta meno ormai parecchio tempo fa.

Non ho avuto una vita estremamente traumatica (forse un pochino), a parte il fatto che non sono sempre andata d'accordo con i miei genitori. Non ricordo molto dell'infanzia, ho solo qualche ricordo spiacevole del tipo:
- avrò tra i 5 e i 10 anni (andavo alle elementari) e sto guardando la TV con mia madre. Stanno parlando di una notizia di cronaca, una persona ha commesso un omicidio. Ho la splendida idea di chiedere a mia madre "mamma, ma perché alcune persone fanno così? Tolgono la vita alle altre?" e la risposta che mi arriva è: "stai zitta e smettila di fare queste domande, altrimenti diventerai anche tu così".
- stessa fascia d'età, sento mio padre bestemmiare. Rido e ripeto la bestemmia senza avere alcuna idea di quello che significhi. Mia madre mi prende a sberle e mi urla che non vuole sentirmi ripetere una cosa del genere di nuovo.
- sono un po' più grande, alle medie. Non ho sistemato la stanza. Mia madre si incazza come una iena vedendo il casino, mi prende per i capelli e mi sbatte ripetutamente la testa contro il muro mentre mi urla dietro (in seguito, anni dopo, si è scusata ed era molto dispiaciuta).
- sempre età delle medie, probabilmente perché mi rifiuto o faccio controvoglia un qualcosa che mi è stato ordinato (se la memoria non mi inganna), mio padre mi prende a sberle in faccia talmente forte da spezzarmi le labbra e farne uscire sangue.
- età superiori (16-17 anni), sto aiutando mio padre a sistemare il garage di casa, ma come sempre quello che sto facendo non va bene abbastanza, non sono brava abbastanza, non mi sto impegnando abbastanza, ecc. finché sbotto e dico "ti sto pure aiutando e devi fare lo stronzo così?" Non l'avessi mai fatto. Vedo la rabbia nei suoi occhi mentre si avvicina per picchiarmi. Corro via mente afferra la gomma di una ruota e cerca di mettermela attorno al collo. Quella volta ho avuto paura di morire e sono scappata di casa per qualche ora (almeno finché non tornassero da lavoro mia madre e da ovunque fossero i miei fratelli)
Avrei altri esempi, ma mi fermo qui. In generale, i miei genitori hanno sempre avuto reazioni molto forti alle incazzature e non avevano un modo molto carino di dirmi le cose a volte. Penso di aver subito abusi sia fisici che verbali (almeno tra le medie e le superiori, prima non ricordo). Ma vabbè, sono tutte cose delle quali ho già parlato anche con la mia psicologa, con cui ho intrapreso un percorso di EMDR (con mio grande scetticismo).

Alle superiori ero molto performante a scuola, anche se non mi piaceva e non avevo grandi amicizie. Mi isolavo molto e non uscivo quasi mai, e quando lo facevo, lo facevo controvoglia. A 16-17 anni ho iniziato a fare autolesionismo, oltre ad manifestare i primi segni di DCA (ma che penso abbia radici già dall'infanzia). Per mia mamma quelle erano una moda ed io ero solo un'adolescente sciocca.

I miei mi hanno sostenuto molto economicamente durante l'università. Ho avuto qualche difficoltà a trovare il percorso che più mi piaceva, ma dopo un anno "perso" a studiare in un corso di laurea che non ho mai portato a termine (e sì, mia madre me l'ha fatto pesare), sono riuscita a concludere la triennale in Biotecnologie in tempo e a pieni voti (studiando come una matta). I miei fierissimi di me e per me questo è importantissimo.

Inizio poi la magistrale in Molecular and Medical Biotechnology, ma le cose iniziano ad andare store. La passione per la materia c'è, ma qualcosa dentro di me non va. Faccio sempre più fatica a studiare, a portare avanti gli esami. Tra Covid (che mi impedisce di iniziare il tirocinio di tesi in laboratorio) e la mia depressione ci metto due anni in più. Ho la tesi pronta, scritta e tutto, ma qualcosa mi blocca per più di un anno. Ce la faccio a stenti. Finalmente (giusto l'anno scorso) mi laureo a pieni voti, i miei sono fieri di me e per me questo è fondamentale.

Eppure sono molto giù. Nel frattempo (ancora prima della laurea) il mio DCA arriva al culmine, mi viene diagnosticato il disturbo borderline della personalità con sospetto bipolarismo e depressione. Vengo ricoverata per bulimia e depressione in una clinica psichiatrica. Rimango solo qualche mese, facendomi dimettere con la scusa che sono troppo sensibile ai problemi degli altri e questo mi porta a stare peggio lì dentro. A dire la verità voleva uscire solo per raggiungere gli amici che mi ero fatta e con cui ho avuto modo di legare durante mesi di convivenza in clinica. Mi sembra di stare un po' meglio, passo molto tempo con questi amici, tra cui una carissima ragazza a cui tenevo davvero tanto.

Fino a quando lei si toglie la vita. Da quel momento in poi sarò divorata dai sensi di colpa e non vorrò fare altro che raggiungerla. Inizio a drogarmi pesantemente, non per divertimento, ma sperando in un'overdose mortale che faccia sembrare la mia morte una tragica fatalità. Le provo tutte, anche a mischiare psicofarmaci e alcool, il che mi porta più volte a finire in ospedale con un tubo in gola e le flebo attaccate alle braccia.

Vengo ricoverata in psichiatria più volte, accetto aiuto a malincuore e mi faccio seguire da un team di psicologi, psicoterapeuti, psichiatri ed educatori presso il mio CSM di riferimento.

Dopo la laurea magistrale sembro stare un po' meglio (anche se i pensieri negativi rimarranno sempre nel sottofondo, in agguato). Trovo lavoro, non so se ne sono all'altezza, non so se effettivamente mi piace, ma firmo il contratto a tempo determinato e lo rispetto. Faccio quello che mi si dice di fare. All'inizio è eccitante, nonostante abbia qualche difficoltà ad integrarmi e sia sempre assillata da pensieri intrusivi e ossessivi. Un po' alla volta sembra andare meglio. I mesi passano, ed ogni giorno faccio sempre più fatica a trovare la forza e la motivazione per andare a lavorare. Poi litigo con i miei e scappo di casa, ma faccio fatica ad arrivare a fine mese (lavoro 40h alla settimana e mi pagano una miseria, ma è la mia prima esperienza lavorativa dopo la laurea, non posso mica lamentarmi). Non riesco a mantenermi tra affitto, utenze e spese varie. Devo rinunciare a vivere. Infatti non sto vivendo, sto sopravvivendo. A stenti.

Ed ora eccomi, nei miei ultimi giorni di ferie prima della scadenza del contratto, in riva al mare a fumare una sigaretta. Forse una delle ultime, chissà. Mi fa schifo il fumo, ma lo faccio lo stesso. È come una metafora della mia vita. Mi fanno schifo molte cose, ma mi tocca farle lo stesso. Perché? Per sopravvivere o semplicemente perché è richiesto dalla società. Però a me non sta bene , per cui ho preso una decisione. I miei si aspettano che io torni a lavoro lunedì. Che vada a firmare un nuovo contratto per prendere 1300 euro per arrivare a stento a fine mese. Vivere con i miei è un inferno (sì, gli voglio bene e loro ne vogliono a me e vorrebbero aiutarmi anche se non sanno come fare, ma la convivenza non è più un'opzione arrivati ad una certa età), però almeno risparmierei...

Mi rendo conto di essere diventata un persona piena di rabbia, odio e rancore. Vivo la vita pensando di non vedere l'ora che finisca, che devo solo tenere duro ancora un po', nel frattempo faccio del mio meglio per accorciarla. Ma sono tanto stanca e il dolore psicologico è insopportabile.

Così ecco la mia idea: lunedì 15 luglio 2024 mi alzerò alle 6:30, mi preparerò per andare a lavoro. Partirò verso le 7:15, come sempre, ma a lavoro non ci arriverò mai. Invece, riporterò la macchina (tra l'altro intestata a mia mamma) a casa dei miei, lascerò giù le chiavi. Poi uscirò a piedi. Prenderò tutte le pastiglie che ho e mi butterò sotto una macchina in corsa. Non so come andrà. Forse morirò, forse finirò in ospedale in chissà che condizioni. Ma piuttosto di tornare a fare quella vita, preferisco così.

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