Acrofobia: l’altezza che affascina e terrorizza
Perché possiamo provare paura dell’altezza? Cosa possiamo fare per affrontare questa fobia? Scopri le sue cause e il suo trattamento principale.
Nonostante l’uomo sia alla continua ricerca delle altezze, queste rappresentano il primo oggetto fobico tra la popolazione mondiale. Scopriamo perché
Fobia delle altezze, tra fascino e horror vacui
Ogni elemento o situazione esistente, conosciuta o conoscibile, può costituire oggetto di fobia, intesa come paura irrazionale e spropositata al presentarsi di una precisa circostanza. Tra queste, una delle più ricorrenti è, senza dubbio, l’acrofobia. Come suggerisce l’etimologia della parola, dal greco antico ἄκρον (ákron), ovvero sommità e φόβος, (phóbos), paura, consiste nella paura delle altezze e si manifesta attraverso il timore di affacciarsi da un luogo elevato o di subire la tentazione di lasciarsi cadere nel vuoto.
Ma perché l’altezza spaventa così tanto? Se da una parte la fascinazione per le altezze ha storicamente sospinto l’uomo a inventare e costruire nuovi macchinari e strutture all’avanguardia per raggiungerle e dominarle (come, ad esempio, aerei, grattacieli e così via), ma anche a sfidarle (si pensi agli sport che utilizzano proprio l’altezza come parametro agonistico, oppure, più semplicemente, il comune estro di tuffarsi da una scogliera al mare d’estate), dall’altra può essere fonte di sgomento e riluttanza. L’altezza - e si ritornerà su questo fondamentale concetto - rappresenta un pericolo per l’incolumità e la vita, perché, si sa: qualora non ci si trovi a diretto contatto con il suolo, vi è comunque il rischio di precipitare nel vuoto, il che, molto spesso, si rivela esiziale.
Già a partire dalla preistoria si è fatto uso dell’altezza per proteggersi dai predatori, ma il sistema percettivo ha contestualmente sviluppato un meccanismo di tutela nei confronti della stessa: qualora ci si fosse addormentati su un albero, una specifica area cerebrale attivava un riflesso percepito come “scossa” al fine di provocare il risveglio ed evitare la caduta (si è anche supposto che lo spasmo ipnico - la sensazione di cadere che si può avvertire durante il sonno, per intendersi - ne sia il retaggio). Un istinto che da sempre la ricerca e allo stesso tempo la allontana.
Altro elemento determinante è stato l’horror vacui, la paura del vuoto. Negato dalla fisica aristotelica, secondo la quale in natura ogni spazio è occupato da un elemento, sia esso visibile o invisibile, il vuoto rappresenta l’ignoto. Il vuoto dove nulla è, dunque tutto è possibile e, per questo, sfugge al controllo. E quindi sfugge al controllo uno spazio troppo ampio che si apre davanti a sé, così come lo spazio sottostante ad un affaccio: questo processo ha contribuito allo sviluppo dell’agorafobia, oltre che dell’acrofobia. Ed è proprio per sopperire all’esigenza di colmare il vuoto che l’uomo si è espanso nelle varie dimensioni, sfruttando anche l’area sovrastante e dando vita a quello che potrebbe sembrare un conflitto irrisolvibile.
A porvi rimedio, la psicoterapia: strumento d’eccellenza per il trattamento dell’acrofobia e dei disturbi fobici è la Terapia Breve Strategica (TBS), ideata da Giorgio Nardone e Paul Watzlawick, su cui si tornerà in seguito.
Eziologia, sintomatologia e tentativi disfunzionali
Sebbene all’origine dell’acrofobia possa esservi un evento traumatico, quale un incidente avvenuto precipitando da un luogo elevato, nella quasi totalità dei casi non è così. Anzi, nella pratica clinica, diversamente da quanto possa ritenersi, è assai raro rintracciare un trauma pregresso che possa, in concreto, generare un disturbo fobico. Sovente - ed è valido sia per gli attacchi di panico che per le fobie in generale - si tratta di “match cognitivo”: se si sperimentano sintomi e sensazioni negative in presenza di una determinata circostanza (nel caso di specie, mentre ci si trovi affacciati o sul ciglio di un’altura) allora si tenderà a ricollegare e rievocare il malessere percepito ogni volta in cui ci si ritroverà nelle medesime contingenze.
Il timore delle altezze poi, si diceva, comprende un certo atavismo ed è connaturato all’essere umano: fin dai primi anni d’età, infatti, l’altezza è percepita come il primo potenziale pericolo per la vita e, dunque, ci si tiene ben lontani. È una reazione istintiva e fisiologica, funzionale alla salvaguardia dell’esistenza. Anche i non-fobici possono provare episodi sporadici di ansia o panico affacciandosi da un’altezza considerevole.
Tuttavia può accadere che questa reazione diventi generalizzata, incontrollata e sproporzionata rispetto all’entità effettiva del pericolo, pertanto si verificherà in presenza di qualsiasi tipo di altezza - comprese le più innocue - non rispondendo più al requisito della funzionalità. Solo in tal caso si configurerà un disturbo clinicamente apprezzabile e si potrà parlare di acrofobia.
La sintomatologia è quella propria dei disturbi fobici: ansia, tachicardia, tremori, dolori toracici, dispnea e vertigini che possono facilmente sfociare in un attacco di panico. Potrebbe essere avvertito anche il timore di gettarsi dal luogo in cui ci si trova.
Ora, per tentare di ovviare al problema, il soggetto che ne soffre tenderà a mettere in atto alcuni comportamenti - definiti “tentativi disfunzionali” - i quali, invece di risolverlo, andranno ad aggravarlo ulteriormente, innescando una seroe direzioni accessorie che impatteranno in modo estremamente negativo sulla qualità della vita. Primo tra tutti, l’evitamento delle situazioni considerate a rischio. Tale atteggiamento reiterato nel tempo è considerato disfunzionale in quanto autoafferma, in una logica introspettiva, la pericolosità del problema. Di conseguenza, per estensione, si comincerà ad evitare qualsiasi tipo di circostanza associabile alla fobia, come anche salire le scale, accedere al balcone di casa, prendere la macchina o l’aereo e così via, compromettendo la quotidianità e la vita sociale.
Affrontare l’acrofobia con la Terapia Breve Strategica
La Terapia Breve Strategica (TBS), di cui si è detto sopra, offre un percorso psicoterapico mirato a risolvere questa gamma di problematiche in un arco di tempo notevolmente limitato (circa dieci sedute) e in modo efficace, a partire dall’analisi dalle tentate soluzioni attuate dal paziente. Il trattamento dell’acrofobia e dei disturbi fobici in generale consiste nel ripristinare una normale interazione con l'oggettofobico, attraverso stratagemmi ed esercizi assegnati nel corso delle sedute.
Non rileva se il disturbo sia più o meno radicato, né da quanto tempo perduri: attraverso un’esposizione controllata, ad esempio, il terapeuta aiuterà il paziente a ritrovare in modo rapido e progressivo la giusta confidenza con i luoghi elevati, con se stesso e con lo spazio circostante. Pertanto, alla luce di quanto esposto in questa sede, scegliendo un adeguato percorso di terapia è possibile imparare a gestire le proprie fobie e tornare ad essere padroni delle altezze.
Le informazioni pubblicate da GuidaPsicologi.it non sostituiscono in nessun caso la relazione tra paziente e professionista. GuidaPsicologi.it non fa apologia di nessun trattamento specifico, prodotto commerciale o servizio.
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