Culto delle celebrità: intrattenimento o ossessione?
Il culto delle celebrità si pone su un continuum che muove dall'interesse superficiale per arrivare alla patologia, con implicazioni significative sulla salute mentale e sulle dinamiche relazionali.
Quando ci appassioniamo a qualcosa, che sia musica, sport, libri, cinema, o qualsiasi altro campo che suscita il nostro interesse, spesso finiamo per concentrarci su chi in quel mondo ci fa sognare. Siamo fan, followers, likers, subscribers, a volte anche customers, ma alla fine, cos'è che ci spinge davvero a immergerci così a fondo nella vita di persone che, a pensarci un attimo, sono profondamente diverse da noi? Questa curiosità, che a volte sfocia nell'ossessione, è un tema che la psicologia ha esplorato sotto diversi aspetti.
Perché ammiriamo una celebrità?
Spesso l'interesse nasce da un semplice apprezzamento, magari per le doti atletiche e tecniche di alcuni sportivi, e finisce per estendersi a tutti gli aspetti, ma proprio tutti, delle loro vite: da come incartano i regali di Natale, al fatto se abbiano mai risposto male alle loro madri, o se preferiscano la compagnia di cani o gatti. Il passaggio che porta da una comprensibile stima per le capacità di una celebrità ad avvertire il bisogno di sentirsi quasi parte della sua vita, è tanto rapido quanto pervasivo e subliminale, trasformandosi in un'influenza talmente forte da condizionare il nostro umore, finendo talvolta per farci sentire su di giri o giù di morale a seconda delle loro vicende personali, che magari non c'entrano niente con il motivo per cui ci eravamo interessati a loro in principio.
Cos’è la sindrome del culto delle celebrità?
Questo fenomeno di culto delle celebrità, inteso come divismo, affonda le sue radici nel XIX secolo, delineandosi come un processo di quasi divinizzazione dei protagonisti di teatro, cinema, musica e sport. Si tratta di una dinamica che trasforma l'immagine di queste personalità in icone altamente simboliche e onnipresenti nella vita quotidiana di ognuno (Basinger, 2007).
A partire dai primi anni 2000, con il diffondersi massivo di Internet e, successivamente, dal 2010, con l'emergere dei social media, numerosi studiosi hanno iniziato a indagare più a fondo questa tendenza. L'attenzione si è concentrata sulle dinamiche del culto delle celebrità secondo un'ottica antropologica, sociale e psicologica, arrivando a identificare questa manifestazione come qualcosa che va ben oltre un semplice fenomeno di costume. Dal punto di vista psicologico, in particolare, si è giunti a ritenere che l'essere eccessivamente coinvolti nei dettagli della vita personale e professionale di qualcuno possa portare a disturbi di ossessione e dipendenza, identificati all'interno di quella che vine oggi definita Celebrity Worship Syndrome (McCutcheon et al., 2002).
Tale condizione evidenzia come un eccessivo attaccamento possa trasformarsi in un legame psicologicamente dannoso, che si posiziona su un continuum che parte da un interesse leggero e ludico, legato al puro divertimento, fino a raggiungere forme più intense e a volte patologiche. Esiste infatti uno spettro di attaccamento che illustra come si possa passare da una semplice ammirazione a una "fissazione" che sfugge al controllo. Lo psicologo sociale John Maltby (2005) e il suo team, entrando più nel dettaglio, hanno distinto tre livelli specifici della CWS:
- Livello dell'intrattenimento sociale: Le celebrità sono viste come argomento di conversazione e fonte di divertimento leggero. Si tratta del primo livello, quello che riguarda ciascuno di noi, come ad esempio guardare il Festival di Sanremo o intrattenersi con notizie di gossip casuali.
- Livello intensivo personale: Si sviluppa un legame emotivo forte con la celebrità, percependo una connessione quasi personale. Questo secondo livello è caratterizzato da un'attenzione crescente verso la celebrità, che diventa argomento ricorrente di dialogo. Si sviluppa un interesse specifico, che assume priorità rispetto ad altre passioni o hobby.
- Livello borderline patologico: La relazione con la celebrità assume caratteristiche serie, gran parte, o quasi la totalità, del tempo a disposizione viene impiegato per concentrarsi su ciò che la riguarda, accompagnandosi a fantasie incontrollabili e ossessioni. SI tratta di un livello che a sua volta oscilla da un lieve grado di patologia, dove l'ossessione coesiste con una vita quotidiana relativamente normale, a un'estremità in cui routine giornaliere come andare a scuola, lavorare, o fare la spesa, vengono trascurate a favore del proprio idolo. Le relazioni interpersonali iniziano a diventare superflue, specialmente se non ruotano attorno all'ammirazione per la star, portando a un progressivo isolamento. In alcuni casi, possono emergere pensieri deliranti, dove la distinzione tra i propri desideri e realtà si fa sempre più labile.
Questi livelli non sono necessariamente consequenziali, spesso può capitare di posizionarsi in uno stadio per poi tornare indietro, e magari dopo un po' di tempo ritrovarsi ad avanzare. Il culto delle celebrità rappresenta infatti un insieme di fenomeni complessi che intersecano diversi ambiti della vita umana, dal desiderio di evasione, alla ricerca di modelli a cui ispirarsi. Questi aspetti evidenziano come la nostra società attribuisca un valore significativo alla fama e al successo, spesso proiettando su figure pubbliche aspettative e desideri intimamente personali.
L'investimento emotivo che molti di noi pongono in queste relazioni unidirezionali sottolinea un bisogno intrinseco di connessione, che, quando portato all'estremo, può sfociare in comportamenti patologici. La facilità con cui ci è consentito di affacciarci sulle vite altrui ha amplificato questo fenomeno, rendendo le celebrità più accessibili e, di conseguenza, intensificando l'illusione di una vera intimità (Maltby et al., 2004).
Questo legame quasi artificiale ha i suoi effetti collaterali. Quando l'ammirazione sfocia in ossessione, le conseguenze sulla salute mentale possono essere significative, influenzando non solo la percezione di sé, ma anche la qualità delle relazioni reali. La continua esposizione alla vita perfetta delle celebrità può alimentare sentimenti di inadeguatezza, invidia e insoddisfazione personale, specialmente tra i più giovani (Sansone & Sansone, 2014), i quali sono particolarmente vulnerabili alle pressioni sociali esercitate dai media.
In questo scenario, diventa essenziale promuovere maggiore consapevolezza riguardo ai rischi associati a un'eccessiva identificazione con le figure pubbliche. È importante sottolineare che non si deve demonizzare l'ammirazione che alcune persone possono suscitare. Tutt'altro, l'ispirazione derivante da figure significative ha da sempre svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo personale e culturale ben prima dell'avvento dell'era del divismo. Intrattenere relazioni equilibrate con i propri idoli può, infatti, arricchire significativamente la nostra esperienza di vita, fornendoci stimoli positivi per la riflessione, la motivazione e, non di rado, per autentiche forme di rivelazione (Reeves et al., 2012).
In definitiva, la chiave per navigare nel complesso universo della celebrità non risiede nel negare l'ammirazione che proviamo, ma nel coltivarla con intelligenza. Educare sé stessi e le future generazioni a un uso critico e riflessivo dei social media permette di mantenere una sana distanza necessaria a non perdere di vista ciò che veramente conta: il nostro benessere psicologico, l'autenticità delle nostre relazioni e la ricchezza della nostra vita interiore. Solo così possiamo aspirare a un equilibrio che nutra la nostra esistenza senza sopraffarla, preservando la nostra integrità in un mondo sempre più esposto al fascino luminoso, ma a volte ingannevole, delle luci della ribalta.
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