Ipnosi: stroria e tradizione
L’ipnosi è antica quanto l’uomo e la ritroviamo, anche se con delle differenze, sviluppata in ogni civiltà. Sappiamo che i cinesi la usavano già 18 secoli prima di Cristo.
L'ipnosi è antica come l'uomo e la ritroviamo, anche se con delle differenze, sviluppata in ogni civiltà. Sappiamo che i cinesi la usavano già 18 secoli prima di Cristo, e che veniva indotta attraverso ritualità che utilizzavano la danza e il canto.
I Celti svilupparono le pratiche ipnotiche con riti nei quali il soggetto giaceva come se dovesse dormire, e attorno 4 sacerdoti cantavano fino a farlo cadere in un "magico" sonno.
Da un bassorilievo scoperto nella tomba di Tebe, i custodi del tempio del sonno, nell'antico Egitto, usavano ritualità ipnotiche per scopi "spirituali" e forse clinici.
In Oriente santoni e fachiri usano questa pratica da millenni a scopo terapeutico.
Nell'antica Grecia nei centri dedicati al culto di Asklepio il paziente portato nel tempio per il "sonno del tempio", riceveva una combinazione di suggestioni e di ipnosi atte alla guarigione. L'alleviare il dolore rappresentava un importante stadio a scopo terapeutico.
Gli eschimesi fecero grande uso della trance ipnotica, in un'atmosfera di oscurità con il continuo suono dei tamburi e di cori, lo stregone andava in autotrance mentre curava le malattie.
Anche nel continente africano l'ipnosi viene ancora usata per le guarigioni, come fa il popolo "Gà" della costa occidentale, dove la persona da curare veniva messa su uno seggio e con un catino d'acqua sopra la testa che attirava la sua attenzione, circondato dalla tribù, al suono continuo del gong e dalle grida degli assistenti, entrava in trance e…"guariva" il corpo e lo spirito.
La teoria del magnetismo animale (F.A.Mesmer 1734-1815) ipotizzava l'esistenza di un fluido vitale presente in tutte le sostanze e al suo variare, nel corpo umano, poteva determinare la salute e la malattia. Perciò attraverso l'uso di magneti posizionati su diverse parti del corpo veniva ripristinata l'armonia. Mesmer si sostituì al magnetismo animale e divenne lui stesso dispensatore di tale fluido attraverso una tecnica molto spettacolare attorno ad una sorta di vasca, "il baquet".
L'ipnosi come "sonno lucido" (Abate Faria 1775-1819) negava l'esistenza del fluido e attribuiva maggiore importanza alle condizioni presenti nel soggetto sottoposto all'ipnosi che all'azione dell'operatore. Introdusse il valore del concentratore e della concentrazione.
Si deve a J. Braid (1795-1890) l'introduzione del termine ipnotismo, che definì come uno stato particolare del sistema nervoso determinato da manovre artificiali.
Tali manovre consistevano nel fare concentrare lo sguardo del soggetto su di un oggetto splendente qualsiasi, posto alla distanza di 20 - 25 centimetri dai suoi occhi, al di sopra della fronte in modo tale che, per guardarlo, esso sia costretto a fase un grande sforzo con gli occhi e con lo spirito, producendo in questo modo una situazione di affaticamento e di paralisi dei centri nervosi.
Poi resosi conto che i soggetti che si addormentavano con la tecnica indicata erano veramente pochi e che poteva comunque ottenere soddisfacenti risultati terapeutici facendo polarizzare il pensiero dei pazienti su di un singolo pensiero e senza ricorrere al sonno, Braid sostituì il termine di ipnotismo con quello di "monoideismo", cioè la condizione della mente concentrata e dominata da una sola idea.
A seguito delle sue esperienze alla Salpetrière sulle paralisi cerebrali J. M. Charcot (18251893) riteneva che l'ipnosi fosse una nevrosi sperimentale o stato patologico inducibile nelle isteriche.
Charcot stabilì la dottrina del grande ipnotismo nelle sue tre fasi: catalettica, letargica e sonnambolica.
Verso la fine del 1800 (A.A.Liebault 18211905 e H. Bernheim 1840-1919) considerarono l'ipnosi un "grado di suggestibilità esaltata" con la parola come agente fondamentale per l'induzione di ipnosi. Secondo Bernheim i cardini su cui poggia l'ipnosi sono, la suggestione intesa come la capacità del soggetto di "lasciarsi penetrare da un'idea" e di realizzarla.
Articolo del Dott. Gianpiero Borriello, iscritto all'Ordine degli Psicologi del Veneto
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