L'identità di genere spiegata con un film: Girl
Lara sembra domandarsi quello che lo psichiatra Primo Lorenzi si chiede a proposito delle possibili rotture tra la dimensione somatica e la dimensione psichica
Girl, Regista: Lukas Dhont, Anno: 2018
Girl è l'opera prima di Lukas Dhont, regista e sceneggiatore giovanissimo, il cui talento è già mirabile, chiaro e definito. Questo film, candidato nella cinquina degli oscar 2019 nella categoria "miglior film in lingua straniera", affronta la storia di una ragazza, Lara, che come tutte le quindicenni della sua età sembra condurre una vita fatta di piccole ma importanti cose come la passione viscerale per la danza, i primi amori, i primi conflitti e la ricerca del proprio sé.
Lara però ha un corpo che non sente appartenerle, un corpo che definire "maschile" non dà l'idea di cosa porti con sé, le implicazioni a cui condanna tutta la sua adolescenza. Lara sembra domandarsi quello che lo psichiatra Primo Lorenzi si chiede a proposito delle possibili rotture tra la dimensione somatica e la dimensione psichica "come posso rappresentarmi se la prima cosa del mondo, il mio mio corpo, tende a fuggirmi?" Un'alterazione tra corpo e mente dunque non rimane un fatto a sé stante ma qualcosa che modifica l'esistenza, la capacità di proiettarsi e muoversi nel tempo e nello spazio.
Lara, malgrado ciò, non fa mai trasparire, nel modo in cui ci si aspetterebbe, la dolorosità di avere, vedere e sentire questo corpo estraneo e che la sua mente non riconosce, non accetta, non tollera.
Lara sta male. Questo è evidente dall'inizio del film ma la sua sofferenza sembra non esplodere mai, non mostrarsi mai, non deviare mai verso la patologia. Questo perché è sostenuta da una equipe medica a cui lei, per prima, sembra grata. Perché è sostenuta e riconosciuta dal padre e dal fratellino. E non ultimo, dalle persone della rete amicale che, seppur a conoscenza della sua storia, non danno l'idea di volerla denigrare, svilirla. C'è un episodio in cui le altre ragazze del corpo da ballo parrebbero offenderla ma l'impressione più forte è che queste cerchino di significare, seppur maldestramente e stupidamente, un fenomeno di cui veramente ignorano ogni cosa.
Il conflitto di Lara allora, per come è impostato il film, vuole farci comprendere che la problematica di sentirsi "alieni nella propria pelle" è un fenomeno che prescinde anche dal miglior contesto familiare/amicale possibile, dalla cultura e dall'etica della società.
Il conflitto, benché tutte le variabili giochino a favore della protagonista, è più profondo, più drammatico, più viscerale di ogni possibile grado di comprensibilità a noi concesso.
Lara, nelle prove dei balletti, sembra dirci che quel corpo non è capace di seguire le sue idee, i passi di danza che la mente pensa e vorrebbe trasmettere ad un corpo sentito sbagliato, incapace di rifinitura, di bellezza, di giustizia. Se, come dice Freud, il corpo è il punto di partenza per la costruzione dell'identità, come può questo permettere che tutto ciò avvenga?
Il conflitto allora, quello che si sente silenziosamente dall'inizio del film, emerge disperatamente e inaspettatamente solo alla fine, solo quando cominciavamo a familiarizzare con Lara senza però immaginare che il suo dolore è ben più grande e ancestrale della nostra capacità di tollerarlo, dotarlo di senso e significato.
Infine come ricorda il professore Michele Bracco:
«è necessario liberare tutte le cose, permettere loro di entrare in libere unioni, proprie della loro natura, per quanto bizzarre queste unioni sembrino dal punto di vista dei legami tradizionali consueti. È necessario dare alle cose la possibilità di stare in contatto nella loro viva corporeità e nella loro varietà qualitativa. È necessario creare tra le cose e le idee nuovi vicinati che rispondano alla loro effettiva natura, porre accanto e unire ciò che è stato fallacemente diviso e allontanato e disgiungere ciò che è stato fallacemente avvicinato».
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