Pillole di terapia cognitivo-comportamentale
Se il nostro pensiero si trova impantanato tra significati simbolici distorti, ragionamenti illogici e interpretazioni erronee, finiamo per diventare realmente ciechi e sordi...
Prima di entrare nel merito di cosa si intenda per Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale, è utile fare una breve introduzione: lo Psicologo è un professionista che, dapprima laureatosi in Psicologia, successivamente svolge un tirocinio di un anno presso una struttura accreditata, dopodiché effettua un esame che lo abiliterà alla professione di Psicologo. Per diventare Psicoterapeuta, frequenterà infine una scuola di specializzazione in Psicoterapia della durata di quattro anni.
Con la scuola di specializzazione si può scegliere quale approccio, quale scuola di pensiero per così dire, seguire: esistono all'incirca 20-25 orientamenti differenti in Italia. Un terapeuta sceglie generalmente la specializzazione in base alla sua sensibilità, all'approccio che sente più proprio, più vicino e più funzionale al suo modo di essere, alla sua impostazione di pensiero.
La specializzazione in Terapia Cognitivo – Comportamentale (TCC) racchiude di per sè un'ampia famiglia di approcci e tecniche, accomunati dalla concezione di un malessere come l'interazione tra pensieri, emozioni e comportamenti e dalla possibilità di intervenire pensieri o comportamenti per modificare gli altri livelli della catena, nell'ottica di perseguimento di un maggior benessere del paziente.
Partiamo dall'assunto fondamentale: la Terapia Cognitivo – Comportamentale si basa sull'idea che a farci stare male, a provocarci disagio o malessere, non sia mai un evento, qualcosa che ci capita, ma quello che noi pensiamo di quell'evento o di quel qualcosa che ci capita, ovvero è una questione di interpretazione. Infatti, con le parole di A. Beck, è l'interpretazione a far male, non il fatto in sé.
È molto probabile che, a fronte dello stesso evento, tre persone diverse provino emozioni diverse e quindi reagiscano in tre modi diversi, a seconda dell'interpretazione che ne hanno dato. Proviamo a fare un esempio: tre persone diverse vengono a conoscenza, dopo un breve colloquio con il loro datore di lavoro, del fatto che il loro contratto di lavoro, che scadrà a breve, non verrà rinnovato. Poniamo l'idea che tutte e tre amassero (od odiassero) ugualmente il lavoro in questione, lo svolgessero dallo stesso periodo di tempo, avessero uguale retribuzione e che, insomma, la situazione fosse del tutto identica nei tre casi.
- La persona 1 reagisce con una forte tristezza, uno stato depressivo quasi, a cui consegue pianto e una generale apatia verso tutto ciò che ha intorno.
- La persona 2 reagisce con una forte ansia, a cui conseguono forti palpitazioni, nausea, sudorazione nonché rimuginio, ovvero un meccanismo mentale che si presenta come un processo cognitivo che implica pensieri ripetitivi riguardo ad eventi negativi che potrebbero avvenire nel futuro (Sassaroli, Lorenzini, Ruggiero, 2006) che in genere esita nell'aumento delle sensazioni ansiogene.
- La persona 3 reagisce con rabbia intensa, a cui consegue una sensazione di prurito alle mani, rossore in viso, urla e inveisce contro sé stesso o contro gli altri.
Secondo la teoria Cognitivo – Comportamentale, alle tre diverse reazioni soggiacciono tre diversi pensieri. Facciamo un'ipotesi di quello che potrebbero aver pensato queste persone:
- La persona 1 potrebbe aver pensato: "Sono un fallito, come mai non riesco a tenermi un lavoro, ecco, sbaglio sempre tutto, non concludo mai niente, non ho mai fatto nulla di buono nella mia vita".
- La persona 2 potrebbe aver pensato: "Oddio, cosa ne sarà di me, come farò a tirare avanti, devo assolutamente trovare subito un altro lavoro, ho anche appena cambiato la macchina e devo pagare le rate, questa proprio non me l'aspettavo, che devo fare?".
- La persona 3 potrebbe aver pensato: "Non è giusto, da tempo mi occupo con dedizione a questo lavoro, ci ho messo passione e impegno, è un'ingiustizia che mi lascino a casa, li odio, odio il mio lavoro e odio tutti".
Ecco quindi, che le tre diverse tipologie di pensiero spiegano le tre diverse reazioni delle persone, le diverse emozioni e sensazioni fisiologiche provate.
Da quest'assunto di base nasce poi la tecnica base della Psicoterapia Cognitivo – Comportamentale, ovvero il modello ABC (Ellis, 1962), con cui terapeuta e paziente cercano di ricostruire insieme l'evento attivante, le conseguenti emozioni e comportamenti, ed i pensieri ad esso sottesi.
Se proviamo intense emozioni negative, quasi insopportabili, il pensiero che ne sta alla base contiene un errore cognitivo ovvero, i pensieri automatici che ci passano per la testa in quel momento non sono del tutto razionali, contengono uno o più errori logici. Per esempio, nel caso della persona 1, l'infinita tristezza è dettata dal pensiero "sono un fallito", ma pensare che se si perde il lavoro allora si è delle persone fallite è una generalizzazione, è un pensiero che manca di logicità in quanto non esiste una regola universale che decida che chi non gode del rinnovo del contratto allora è un essere umano fallito e senza speranze che non merita nulla. L'aver fallito nel proposito che la persona 1 si è auto-posta, presumibilmente mantenere il lavoro, non la rende, in generale, una persona fallita. Quindi siamo in presenza di un errore cognitivo, in quanto aver fallito in uno scopo non rende una persona, in generale, fallita.
In sede di colloquio psicoterapeutico, si effettuerà un intervento di tipo cognitivo, in cui si indagherà quali siano i pensieri automatici che ci hanno portato a provare una determinata emozione e a reagire di conseguenza, ad identificare un eventuale errore cognitivo, a capire dove si ha imparato a pensarla in quel modo, e cosa si può fare per stare meglio. È possibile che prima, o in contemporanea, sia necessario lavorare sulla ricerca di strategie comportamentali che aiutino il paziente a gestire meglio il sintomo, in modo tale da poter maneggiare strumenti che portino sollievo rispetto alla sintomatologia portata, cosicché il paziente abbia la possibilità di riacquistare un minimo di serenità che gli permetterà di affrontare con più lucidità le fasi successive del percorso terapeutico.
Una particolarità della Terapia Cognitivo-Comportamentale consiste nel lavorare in primis sul sintomo, attraverso una serie di tecniche che diano al paziente la possibilità di iniziare a sentirsi meglio nella vita di tutti i giorni e sentirsi in possesso delle risorse e degli strumenti necessari per gestirle, cercando altresì di evitare che il paziente commetta danni irreparabili in un momento di estrema sofferenza e difficoltà. Lavorando poi sugli aspetti cognitivi e prendendo consapevolezza degli errori cognitivi che scaturiscono dai propri pensieri automatici, si arriva a chiedersi: dove ho imparato tutto ciò? Dove ho imparato a reagire così? Dove ho imparato a pensare così? Per seguire l'esempio di prima, si potrebbe dire che, con il paziente, si arriva lentamente a darsi una risposta (o meglio, una serie di risposte) alla domanda: "dove ho imparato che se a una persona non viene rinnovato il contratto di lavoro, allora è una persona fallita?". Si arriva allora a parlare del rapporto con mamma e papà, degli eventuali traumi passati, a ragionare su certi valori appresi, a capire da dove nascono i nostri modi di sentirci e reagire a queste cose. A capire insomma, cosa, nella nostra storia, ci fa soffrire ora.
In breve sintesi, si lavora innanzitutto insieme al paziente perché possa sentire sollievo rispetto al sintomo nel momento presente tramite approcci che cambino i nostri comportamenti e/o pensieri disfunzionali e, una volta raggiunta una condizione più stabile e tranquilla, ci si lascia aperta la porta per lavorare sulla sua storia di vita, ammesso e non concesso che il paziente si senta pronto, al momento attuale della propria vita, ad effettuare questo percorso insieme alla presenza empatica del terapeuta.
Altra caratteristica fondamentale della Terapia Cognitivo-Comportamentale è quella di basarsi su tecniche evidence-based: in altre parole, tecniche e protocolli proposti durante il percorso psicoterapeutico sono stati sottoposti ad un'accurata ricerca riguardo la loro efficacia. In particolare, la Division 12 della Task Force dell'American Psychiatric Association (APA) afferma che "la Terapia Cognitivo-Comportamentale è di provata efficaca per quanto concerne la depressione, l'ansia, il Disturbo Ossessivo-Compulsivo, il Distrubo Post-Traumatico da Stress, i disturbi del comportamento alimentare, i disturbi di personalità, l'abuso e la dipendenza da alcol, le disfunzioni sessuali, l'enuresi e l'encopresi infantile, il comportamento oppositivo e la fobia sociale"(Michielin, Bettinardi, 2004).
Occorre tuttavia precisare che oltre alla necessità di utilizzare tecniche di comprovata efficacia per non correre il rischio di muoversi "alla cieca", uno dei maggiori fattori di cambiamento nel percorso psicoterapeutico è sempre e comunque la sussistenza di una buona alleanza tra paziente e terapeuta, un rapporto basato sull'empatia e sulla fiducia.
Frank e Frank (1991), sottolineano che i miglior predittori di beneficio della psicoterapia sono:
1) una relazione emotivamente intensa caratterizzata da una profonda sensazione di confidenza e fiducia nel proprio terapeuta, con il quale ci si ingaggia in una relazione di tipo accogliente non-giudicante;
2) un contesto rassicurante in cui il paziente sente di affidarsi a una persona che abbia la competenza, l'esperienza e la capacità di farlo stare meglio;
3) uno schema concettuale razionale che spieghi i sintomi del paziente o le sue difficoltà;
4) una procedura di risoluzione dei sintomi che sia coerente con lo schema proposto.
Le informazioni pubblicate da GuidaPsicologi.it non sostituiscono in nessun caso la relazione tra paziente e professionista. GuidaPsicologi.it non fa apologia di nessun trattamento specifico, prodotto commerciale o servizio.
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