Laurea a 31 anni

Inviata da Lrnz · 30 nov -1 Depressione

Buongiorno.
Mi scuso in anticipo per le lungaggini.
Ho 31 anni da poco. Mi mancano pochi esami alla laurea.
Non riesco a vivere questa condizione: essere "in ritardo".
Sto male, malissimo.
La mia vita accademica ha vissuto tantissimi alti e bassi: ho iniziato bene, partendo già con la paura del "fuoricorso". Mi stabilivo sempre piani strategici per dare gli esami, ma spesso arrivavo a metà programma e non continuavo per paura di fare l'esame.
Nonostante tutto, riuscivo a dare gli esami quando riuscivo a convincermi a darli. Ho sempre sbagliato strategia, non ho mai avuto un buon metodo.
Ho passato la mia vita universitaria in maniera tutto sommato piacevole: uscite moderate, tanta ricerca di me stessa coltivando le mie passioni (come la musica e la politica),e cose di queste genere. Molto tempo l'ho passato cmq in solitudine, fumando marijuana e guardando film, ascoltare musica, e con amici in casa. Cmq sia, piacevole.
Ad un certo punto della mia carriera, intorno i 25 anni, mi ero ripreso, e stavo andando bene, davo gli esami con meno paura.
Ma, prima la morte di mia nonna in una data a me molto cara (data del mio compleanno), e poi la scoperta della malattia di mia sorella maggiore, mi hanno, credo, rallentato. Ricordo che nella sessione invernale del periodo della "scoperta" della malattia, stavo studiando per un esame, ma ebbi un attacco di panico clamoroso (in concomitanza ad una febbre a 40) che dovette venire l'ambulanza. In ospedale mi dissero che, si, la febbre mi aveva fatto perdere i sensi, ma il grosso lo diede queste attacco di panico, tant'è che mi "sedarono". Lì, in ospedale, mi suggerirono di fare terapia perché raccontai alla psichiatra che effettivamente c'era qualcosa che mi turbava (malattia mia sorella).
In quel periodo i miei mi consigliarono di fare cose diverse, di viverla con più leggerezza, ed effettivamente, convinto che fosse la cosa migliore, scelsi l'esame più difficile e lo diedi in estate. Mi sentivo benissimo.
Il problema è sorto nell'autunno, quando nuovamente mi prese questa maledetta ansia per gli esami, e lasciai un esame a metà, in concomitanza alla venuta del covid.
Nella prima finestra della sessione estiva, diedi il suddetto esame, e finalmente, a 26 anni, iniziai a vedere la luce della laurea.
Dovetti lasciare la mia città univesitaria, per il covid, e trasferirmi, in un appartamento in cui vivevo da solo, nella mia città d'origine, vista la DAD. E qui si apre un'altra parentesi: blocco totale. Nonostante la "facilità" della DAD tanto sottolineata dai e dalle prof, non riuscivo di nuovo a dare esami.
In concomitanza a questo nuovo ed ennesimo blocco, decisi di aiutare la mia allora ragazza a laurearsi, perché le serviva una mano, ed io avevo programmato di poter dare sia l'esame che aiutarla. E infatti così fu: nella sessione invernale diedi l'esame e lei si laureò. Così mi proiettai verso l'estate, e il pensiero di non poter tornare più nella mia città universitaria mi stava iniziando a devastare. Sessione estiva, quindi, fallimentare: studiai di nuovo a metà, e non feci alcun esame.
Nella parentesi autunnale-invernale riuscii, invece, a dare due esami, e quindi a portarmi ad un passo dalla laurea (parlo, in questo caso, del 2022). Scelsi il relatore e iniziai a programmare le date degli ultimi esami. Ecco che arrivò la botta, però: lasciato dalla mia ex(5 anni quasi di relazione) e, contemporaneamente, il mio migliore amico(dai primi passi dell'adolescenza) si allontanò da me, avvicinandosi a lei (non in senso amoroso, ma facendo del cameratismo "contro" di me).
Questa cosa mi devastò. Da metà 2022 ho iniziato a vivere un incubo: ho pianto ogni giorno.
La mia ex, nel frattempo, mi trattava molto male: mi dava modo di credere che ci fosse ancora qualcosa, ma allo stesso tempo mi faceva molto del male (ad es. una sera pomiciò con una nostra carissimissima amica in comune; mi diceva cose orribili, come il fatto che io fossi il suo trauma, per poi dire il contrario... insomma, mi ha manipolato). Al contempo, anche il mio "ex" migliore amico mi ha riservato trattamenti sgradevoli e degradanti. Sommando le cose, due delle persone che io ritenevo seriamente centrali nella mia vita, mi ha escluso (e in realtà continuano a farlo).
Così, ho vissuto metà 22 e tutto il 23 senza dare gli esami mancanti, e, non esagero, ho pianto ogni giorno, ogni santo giorno, non riusciendomi ad alzare dal letto, fumando tutto il giorno (anche molte canne, nonostante io sia un consumatore razionale), a vedere la mia vita finita, e, non curante, non mi rendevo conto di "perdere" tempo per quanto riguardava la mia vita professionale.
A gennaio 23, cmq, riuscii a trovare un lavoro in smart working, e a racimolare qualcosa per sostenere le spese legate al mantenimento universitario. Ma a fine estate 23 (estate dei miei 30, costellati da ulteriori atteggiamenti passivo aggressivi della mia ex, come ad esempio riferirmi tramite messaggi alla mezzanote del mio compleanno che faceva sesso con un'altra ragazza) decisi di sospendere gli studi, per avere una % di denaro tale da potermi permettere le sedute di psicoterapia.
Così ho iniziato la psicoterapia(EMDR) a fine 23, circa.
Il lavoro, nel frattempo, ha preso il sopravvento e ho avuto ulteriori mansioni e più introiti, così ho deciso di ri-iscrivermi all'uni nel 24... ma senza riuscire a dare cmq gli esami.
Ad oggi mi ritrovo qui, ad un passo da 31 e con la possibilità di laurearmi a marzo 25.
So benissimo che i percorsi di ciascuno sono diversi e tutta la struttura che sta dietro questa frase, che non è banale, seppur scontata.
So benissimo che devo accettare il passato perché è andato così.
Ma io non sono una persona "fannullona", non che chi si laurei a 30 e più anni sia fannullona, però tendo ad avere un giudizio non totalmente positivo di chi è fuoricorso come me, e che nel frattempo non si è costruito nulla intorno.
So che avrei dovuto e potuto fare di più, ma non mi recrimino gli anni universitari di "ricerca personale", in cui magari qualche volta non studiavo e preferivo ascoltare la musica o girare la città: ero un ragazzo con un backgound culturale caratterizzato dal retaggio del tradizionale provincialismo, e in quegli anni mi stavo scoprendo. Mi recrimino, piuttosto, questi ultimi 4 anni: non aver "approfittato" della DAD, non aver avuto quella spinta, anche quando ero fidanzato, di finire.
Tutto questo mi affligge in maniera quasi drammatica, portandomi, come classica conseguenza, ad evitare gente, come la mia famiglia (verso la quale mi vergogno e non riesco a guardarla negli occhi), alcuni amici e non affrontare certi argomenti.
Vorrei che le persone, me compreso, considerassero il mio percorso "normale", nonostante non mi sia laureato a 28 anni (avevo previsto questi anni, ed erano fedeli al mio percorso).
Ecco che, in maniera un po' provocatoria, vi chiedo: secondo voi, laurearsi a 31 anni ha meno valore di chi si laurea a 26? Siate sinceri, non datemi risposte predefinite, vi prego.
In tutto questo, la terapia che faccio credo vada bene, ma è un percorso lungo, dal quale sto iniziando a raccogliere i primi frutti, ma nel frattempo non riesce a smuovermi totalmente da questa condizione.

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