Mi sento un fallito, ho pensieri suicidi
Ho 29 anni. Sono al mio ultimo esame di una magistrale in lingue. È da novembre che avverto la sensazione di essere un fallito, accompagnata da pensieri suicidi. Non ho mai avuto il confronto con alcuno psicologo, quello che faccio qui è un salto nel buio, non so neanche io cosa sto cercando di ottenerne. Ad alimentare l'idea di essere un fallito, vi è alla base l'aver studiato per 3 anni giurisprudenza senza aver avuto la forza, almeno fino all'ultimo momento, di dire a mio padre, avvocato, che quella facoltà non faceva per me.
Ho pochi ricordi di un rapporto positivo con mio padre, tanti ricordi di un rapporto negativo, in cui mi veniva fatto pesare il non aver avuto un percorso scolastico e accedemico tanto roseo quanto quello di mia sorella maggiore. E nonostante i miei risultati buoni (diploma classico con 91, laurea triennale con 105), essi sfumano ai suoi col confronto di risultati migliori, sopratutto nella fascia scolastica, essendo stato mandato, senza possibilità di scelta nelle stesse scuole e sezioni di mia sorella maggiore.
A 13 anni ho deciso di scappare di casa, salvo per poi tornare. Era il giorno dei colloqui ed ero terrorizzato all'idea di essere picchiato da mio padre, come soleva fare quando sentiva che non ottenevo la perfezione come faceva mia sorella non per mancanza di intelletto, ma per mancanza di impegno.
Ho sempre avvertito un certo peso nelle aspettative, in particolare quando sono stato obbligato a scegliere giurisprudenza, e reputo che il rapporto con mio padre abbia in qualche modo creato in me una certa ansia e una paura nel dovermi confrontare con lui. Perciò nonostante i miei dubbi sin dal primo anno sulla scelta, ho ingoiato il nodo in gola e sono andato avanti, riuscendo a superare questa paura solo quando ho iniziato a svegliarmi nel cuore della notte con attacchi di panico, cuore a mille e sudori freddi.
Dopo aver ottenuto di poter studiare cosa volessi, in quanto la mia richiesta di poter invece cercare lavoro è stata respinta, ho superato con successo i successivi tre anni di triennale, tuttavia non ho sentito allentarsi in alcun modo il peso delle aspettative, e mentre andavo avanti ripetendomi che forse per una volta avrei sentito quella frase a cui tanto agognavo (non so neanche io perché) "sono orgoglioso di te", sono arrivato a laurearmi e a sentirmi dire "hai fatto ciò che volevi, come è possibile che tu non abbia preso il massimo?".
Anche lì, presa la triennale, il mio desiderio di cercare un lavoro è stato prontamente ribocciato, e ora mi ritrovo ad un esame dalla fine del percorso, un percorso che ho affrontato con impegno e mantenendo una media alta (28) a mettere in dubbio tutto, inclusa la mia possibilità di superare questo esame, che già ha febbraio avevo procrastinato a prescindere per terrore di fallire.
Se non dovessi superarlo verrebbe rimandata la mia laurea, e ciò non farebbe altro che riportarmi al centro dei discorsi sul non riuscire a raggiungere dei risultati.
Ora mi ritrovo ad una settimana dall'esame, con la stessa paura e lo stesso terrore che mi attanagliavano 4 mesi fa. La stessa idea si muove nella mia testa, ogni volta che vedo un palazzo alto. Non so cosa fare. So cosa dovrei fare. Non so se sul bilico avrei il coraggio di buttarmi giù, ma non so fino a che punto possa il mio sentirmi un fallito spingermi a saltare.