Aiuto per violenza nella coppia
Sono una ragazza di 34 anni. Sono stata un anno con un ragazzo che sembrava meraviglioso, dolce, gentile, sempre pronto ad aiutarmi e sostenermi in qualsiasi cosa, affettuoso. Lui ha un passato di violenza fisica da parte del padre, da allora dorme con un martello nel comodino perché ha paura di una aggressione. La madre lo umilia continuamente con frasi veramente cattive (fai schifo, sei come tuo padre, sei un badante e non un figlio, non dovevo metterti al mondo). Finché il 26 dicembre dell’anno scorso gli chiesi con gentilezza più condivisione, perché spesso non mi informava dei suoi impegni e viaggi di lavoro se non il giorno prima. Lui, per telefono, diventó una bestia piena di rabbia, io gli chiesi di parlare in modo civile e lui, con un messaggio vocale, con un urlo disumano che mi spaventó moltissimo, mi disse di stare zitta. È sparito, l’ho cercato per chiarire, si è messo a piangere dicendo che mi ama e che lui non è così, ma che dovevo evitare di mandargli messaggi come questo perché sennò gli facevo perdere le staffe, e mi ha detto di non parlare più del suo lavoro. Due settimane fa sono uscita con un compagno di università, un mio caro amico da due anni, ci siamo conosciuti online a causa della pandemia e finalmente ci volevano vedere dal vivo. Io e il mio ragazzo conviviamo ma avendo lui i genitori lontani li va trovare ogni 10 giorni, nei quali esce tutte le sere con gli amici, fa amicizie con ragazze spesso straniere, porta a casa sua amiche femmine di lunga data, non mi ha tradito, ma gli davo molta libertà nel rapporto perché mi fidavo. Dopo aver cenato con questo mio collega, abbiamo bevuto una coca al bar della piscina del suo hotel parlando di università e sono tornata a casa. Quando è tornato il mio ragazzo, ha detto che gli ho mancato di rispetto andando al bar dell’hotel. Io mi sono arrabbiata dicendo che lui è libero di uscire e fare ciò che vuole, perché mi fido, con sarcasmo gli ho detto: vuoi che ti dica che ci sono andata a letto, bene te lo dico! Lui è impazzito. È sparito, l’ho cercato per chiarire e si è trasformato in un mostro. Nei suoi occhi una cattiveria disumana. Urlava, sbatteva oggetti, mi ha chiamato stupida, idiota, cretina, ha detto che se fosse stata una qualsiasi altra persona la avrebbe uccisa, che voleva uccidermi ma non lo faceva per amore, che era tutta colpa mia perché lo ho provocato io. Ha detto che nessuno può mancargli di rispetto, nessuno può mettersi sopra di lui, che devo stare al mio posto, che nessuno può toccare il suo orgoglio, che devo imparare a comportarmi, che mi ha rispettato fin troppo e ora io mi approfittavo della libertà che mi aveva concesso. Ha detto che non so comportarmi. Ha ribadito più volte che voleva uccidermi. Mi ha ricattato dicendo: se vuoi stare con me subisci il mio malumore che hai causato tu, sennò sparisco e non so quando torno, io ho eseguito il suo volere. La colpa era mia perché l’ho portato al limite. Dopo tre giorni di freddezza e astio, in cui con l’inganno mi ha portato a un rapporto sessuale per fare pace e poi di nuovo è tornato a trattarmi male, è crollato piangendo, dicendo che mi amava, che quella parte di lui è suo padre, che non voleva, che lui non è così. È andato tutto bene finché un suo amico in vacanza ha fatto una cosa sgarbata verso di me. Gliela ho riferita. Lui è sparito mezza giornata. Gli ho chiesto spiegazioni, mi ha urlato di smetterla di soffocarlo. Quando mi ha chiesto quale fosse il vero problema io mi sono aperta e ho detto che avevo paura di lui, del mostro che voleva uccidermi. Che avevo paura di parlare per paura di trovarmelo di nuovo di fronte. Lui di nuovo si è messo a piangere, io ho proposto un modo per affrontare la cosa, cercare nel quotidiano di capire cosa lo fa scattare e evitarlo, mentre lui sarebbe uscito per una passeggiata quando sentiva la rabbia salire. Mi ha detto di sì, che ha un problema di violenza verbale, che non credeva di avere perché lui considerava violenza solo quella fisica, avendola subita da bambino. Era dolce, pronto a lavorare insieme sulla cosa, dicendo di amarmi. Il giorno dopo ha un cambio repentino, mi tratta di nuovo malissimo, gli avevo scritto che lo amavo e che non pensavo fosse cattivo, che dovevamo lavorarci, mi ha intimato di non mandargli messaggi, dicendo che non sa se vuole stare con me. Totalmente confusa gli telefono e mi tratta col gelo e cattiveria, la stessa del mostro che avevo visto la scorsa volta, mi dice sprezzante: devo parlare con i miei amici, stai zitta, rispettami
Perché io con te non ci voglio parlare. Io ero in lacrime davanti alla dissonanza totale rispetto al giorno prima, lui mi chiude il telefono dicendo: chiariamo alle 16 e basta, se ti sta bene sennò addio. Io ero terrorizzata dal repentino cambio, ho detto che mi serviva tempo e ho rimandato l’incontro. Il giorno successivo mi scrive: o ci vediamo oggi per chiarire o me ne vado e non so quando torno. Ho detto che non mi importava, aveva tradito la mia fiducia con quel voltafaccia. Mi ha risposto che lui non è né violento nè cattivo, negando quello che mi aveva detto in precedenza, avendo ammesso di avere un problema e piangendo per le violenze che aveva subito e che mi aveva fatto . Io l’ho lasciato, perché finché non lo ammette non credo sia possibile costruire nulla. Non posso vivere nel terrore di ciò che dico. Sono molto confusa, non so se ho fatto bene a lasciarlo, se sono stata io a trasformare un ragazzo così dolce in una persona così crudele. Sono stata oggetto di violenza psicologica? Ho esagerato quando ho temuto per la mia incolumità fisica? Quando ha detto che voleva uccidermi e che non mi ha messo le mani addosso per amore ho avuto molta paura. Come è possibile che una persona tanto dolce sia anche così crudele? Sono in totale dissonanza e non so se la mia scelta di lasciarlo sia stata giusta, pensavo fosse l’uomo della mia vita, dovevamo andare a convivere a novembre, ma mi spaventa ora l’idea di convivere con lui. Grazie