È possibile riprendersi quando ci si sente così stanchi di vivere?
Salve, scrivo qui per avere un confronto con persone esperte che possano comprendermi senza giudicarmi.
Lo spero tanto.
Racconto in breve il mio percorso tortuoso di vita. Sono sempre stata una persona piuttosto sensibile, sia da bambina che da adolescente. Ora da adulta mi trovo completamente in balia delle sofferenze passate e quelle presenti, sminuite dalle persone che mi circondano.
Sono stata una bambina a mio avviso poco seguita e protetta, un’adolescente vittima di bullismo dai propri compagni di scuola e spesso denigrata e offesa da fratelli e padre. Se a scuola mi deridevano e mi lasciavano da sola, a casa mi prendevano in giro per il mio rinchiudermi in camera o per il mio aspetto. Molte volte mi sono sentita chiamare “cesso” da mio fratello maggiore e da mio padre. La mia autostima ne ha risentito di certo, portandomi a mettere in discussione me stessa e le mie capacità.
La malattia di mio padre avvenuta durante il liceo mi ha reso ancora più fragile emotivamente e preda di commenti poco carini ed empatici da parte di insegnanti che mal vedevano la mia richiesta di avere del tempo per guarire a mio modo.
Nonostante tutto alla fine con i miei tempi sono riuscita a diplomarmi e mi sono autoimposta di andare all’università con la speranza di migliorarmi e avere prospettive migliori. Ho fatto molta fatica, la mia bassa autostima, le mie paure e la ormai diffidenza nei confronti degli altri mi hanno spinto sulla difensiva. Cercavo di mostrarmi forte, ma non ho mai smesso un secondo di sentirmi inadeguata. Le mie migliori amiche quasi si fossero messe d’accordo mi hanno lasciato a distanza di un anno l’una dall’altra.
È stato un vero lutto per me che non ho mai davvero superato, che mi ha poi portato a un lungo periodo di solitudine.
Questo è stata la prima vera crepa integrale. Mi sono sentita completamente persa e mi sono aggrappata alla sola relazione che mi era rimasta, quella sentimentale. Un’altra relazione fallimentare che ho protratto per paura di rimanere da sola nonostante la mancanza di appoggio e sostegno emotivo di questa persona.
Probabilmente ho sviluppato una dipendenza emotiva per colmare anche il vuoto dell’appoggio familiare.
Mi sono persa ulteriormente con la perdita delle mie cagnoline che considerano parte integrante di me, e mi sono sentita in difetto per non aver fatto abbastanza per loro, per non essere riuscita ad arrabbiarmi per le cattive cure veterinarie che hanno ricevuto e per averle lasciate sole.
Non me lo perdonerò mai.
In questo lasso di tempo ho lasciato l’università e non ho cercato lavoro. Avevo paura di qualsiasi cosa e cercavo solo ciò che mi potesse far stare meglio.
Ho schivato a malapena l’inizio di un disturbo alimentare.
Fatico ancora a lasciare andare quella persona che dice di volermi bene ma che non ha mai fatto nulla per sostenermi o proteggermi. Credo che se dovessi definire questa persona la definirei come un narcisista bugiardo. Nonostante tutto il pensiero che se ne possa andare anche lui mi crea un vuoto che mi fa tremare.
A 33 anni mi rendo conto che non ho nulla e che se terminassi qui la mia vita sarebbe uguale. Ogni qualvolta cerco di rimettermi in piedi c’è sempre qualcuno in famiglia che mi ricorda quanto sia difettosa per la mia mancanza di esperienza o per la mia paura patologica di guidare un auto.
I miei fratelli parlano di me come se fossi un caso patologico, non provano nemmeno a capirmi o a parlarmi. Mi considerano pigra e viziata. E mia madre, lei mi sostiene come può, ma fatica a concepire la mia emotività e si infastidisce se le parlo delle sofferenze che ho dovuto passare in passato. Non prova nemmeno a consolarmi se piango di fronte a lei. Non ho più nemmeno la forza di arrabbiarmi, ormai ho solo lacrime che vengono ignorate o compatite.
Non ricordo nemmeno se sono stata mai davvero felice e serena.
Vorrei solo smettere di soffrire.
Perdonate la poca chiarezza, è stato un flusso di coscienza.