La crisi dei vent’anni e una sensibilità che ad alcuni causa “noia”

Inviata da KeepingFour617 · 6 ago 2024 Autorealizzazione e orientamento personale

Salve. Ho vent’anni e non mi appassiona più nulla, sono sempre stata ossessionata ad avere successo a scuola perché era l’unica cosa che riuscisse ad appagarmi, non essendo ritenuta bella o abbastanza socievole durante la mia adolescenza. Mi sono iscritta all’università e nell’ultimo periodo ho vissuto diverse crisi e la motivazione è più semplice di quello che si pensi: odio stare a casa. Durante l’ultimo anno delle superiori ho pensato a lungo se fare o meno l’università e non perché non volessi farla ma perché vivere a casa pare essere insopportabile. I miei genitori litigano per qualsiasi motivo e fin da piccola ho provato un istinto di protezione verso mia mamma, perché mio padre è davvero molto irascibile. Tendo a stare lontana quando c’è lui a casa perché temo di provare un forte senso di odio nei suoi confronti, oltre al fatto che parlare con lui è impossibile. Non c’è davvero la voglia di comprendere l’altro: spesso mi dicono di andare a piangere in un’altra stanza. La mia sensibilità non viene compresa. C’è da dire che mio padre per tutta la vita ha svolto un lavoro che lo portava via mesi e mesi: ai miei occhi è un estraneo e, essendo legato ad un retaggio culturale molto vecchio, ho sempre pregato che la chiamata di lavoro arrivasse il prima possibile. A volte, quando sbuca da qualche parte, sobbalzo come se qualcuno mi avesse puntato un coltello contro la schiena. Mia madre, invece, non accetta il mio pensiero: molto spesso si sente attaccata e mi dice che di questo passo la farò sentire male. Mi chiede spesso, quando ho delle crisi di pianto: “siamo così tanto dei cattivi gentori?”. Spesso mi dice di non parlare di ciò che succede a casa: vi assisuro che qualunque figlio spererebbe il divorzio. La mia unica motivazione allo studio è fare il prima possibile: è l’unica mia via di fuga. Inoltre nell’ultimo anno non ho avuto gran bei voti all’università e su questo ha inciso il fatto che le mie compagne a scuola mi dicevano che questa facoltà forse non fosse adatta a me. Probabilmente dal brutto rapporto con mio padre e le nice insicurezze derivano molte cose, come il fatto che non riesca ad approcciarmi ad un uomo. La mia migliore amica è narcisista, e nell’ultimo periodo tutto ciò che la riguarda mi genera noia. Quando eravamo piccole, sosteneva che lei mi “portasse in giro” come se fossi un cane al guinzaglio e che di questo dovessi esserle grata. Per tanto tempo mi sono chiesta: non ha piacere a stare con me? Davvero mi porta solo in giro? È stata l’unica amica che mi ha dato una considerazione tale da farmi sentire importante, ma quella che mi ha fatto soffrire di più al punto da essermi indifferente. Da quando sono piccola provo un profondo senso di tristezza che nulla riesce ad appagarmi. Ho perso anche il mio gruppo di amici, ma l’unica cosa che rimpiango è che adesso io sia confinata a casa, perché non avevamo nulla in comune e perché non contavo nulla non essendo canonicamente “bella”. Mi sento in prigione, stare a casa è l’ultima cosa che vorrei fare. Comprendo che la descrizione sia poco dettagliata per comprendere il mio caso, ma il dubbio che voglio rivolgervi è: è normale che io provi sempre una forte tristezza? Non riesco a vivermi il presente, non riesco a perseguire più i miei hobby, come ad esempio la lettura, e alle volte mi viene un’ansia così forte che mi provoca dolore al petto. A volte l’ansia si trasforma in scatti di rabbia, forse dovuti al senso di impotenza. Non nego di aver pensato che forse la mia esistenza sia vana. Il mio umore oscilla sempre tra una profonda tristezza che alle volte non vorrei alzarmi dal letto ad una fugace felicità. Il tutto opacizzato da una lieve e pacata apatia. Recentemente ho letto qualche libra sull’ipersensibilità e mi associate molto a quest’ultima: ad exemptions, i miei fratelli non vivono il mio stessa drama, anzi mi dicono di essere più superficiale, di non darci peso e vivermi la mia vita, fregandomene, ma io non riesco. Spesso mi viene a pensare che la causa dei miei problemi sia il fatto che io sia il genitore dei miei genitori: e a questo, ahimè, non c’è rimedio. Chiedo scusa per la lunghezza del messaggio e ringrazio qualunque esperto che abbia preso a cuore la mia storia e decide di rispondermi.

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