Ha lasciato l'azienda perché era stressato ma dipendeva da lui

L'articolo affronta il tema dello stress lavoro - correlato: cos'è, come si sviluppa, quali sono le principali cause e le chiavi di lettura per intervenire.

8 NOV 2016 · Tempo di lettura: min.
Ha lasciato l'azienda perché era stressato ma dipendeva da lui

Per l'ennesima volta, nel mio lavoro di consulente aziendale mi ritrovo a sentire questa frase detta da un manager. So che non sarà la prima e non sarà l'ultima volta; tuttavia ogni volta che mi capita di inciamparci, un brivido mi corre giù per la schiena.

La letteratura scientifica nazionale, ma soprattutto internazionale, mette in evidenza che ci sono caratteristiche personali che più di altre predispongono al rischio di sviluppare forti livelli di stress lavoro-correlato. Tuttavia, molto spesso, attribuire unicamente all'individuo la responsabilità del disagio (oltre che sbagliato) è molto pericoloso per due motivi:

  1. sebbene i fattori individuali predisponenti ci siano, lo stress lavorativo è un fenomeno complesso che, di per sé, non può derivare da una sola causa;
  2. attribuendo la totale responsabilità del suo malessere all'individuo, l'azienda si sente legittimata a non introdurre cambiamenti e non mettersi in discussione.

Mi rammarico spesso nel sentire frasi come quella che apre l'articolo (di un dirigente parlando di un altro dirigente), sia perché nelle aziende italiane c'è una scarsa conoscenza dello stress lavorativo (che è un fenomeno più complesso di quanto si pensi), sia perché spostare il problema sull'individuo consente di non mettere in discussione gli equilibri, se così li vogliamo definire, della vita aziendale. Un po' come dire: "il problema era lui, noi andiamo bene così".

L'equilibrio fra richieste e risorse

Diciamo innanzitutto che lo stress non è sempre negativo di per sé; c'è uno stress positivo, che è quel senso di sfida e spinta al raggiungimento di un obiettivo che ci stimola e ci spinge a muoverci per la nostra realizzazione.

C'è però anche lo stress negativo (quello che provoca malessere). Volendo dare una definizione, lo stress negativo dovuto al lavoro è uno sbilanciamento tra richieste del lavoro e risorse della persona (emotive, cognitive, fisiche, relazionali ecc).

Chiariamo una cosa: le persone sono programmate per cercare una soluzione quando hanno un problema, molto difficilmente la prima reazione è quella di arrendersi e mollare il colpo.

Questo è quello che avviene anche nel lavoro: nel momento in cui mi trovo davanti una difficoltà (un compito difficile, un eccesso di lavoro, un cambiamento d'ufficio, un collega insopportabile), la prima reazione è quella di cercare una strategia per migliorare la situazione.

Ciascuno adotta le tattiche che preferisce: c'è chi di fronte a un compito nuovo si impegna di più per evitare un fallimento, c'è chi chiede una mano, c'è chi ha bisogno di lamentarsi molto e una volta che si è sfogato riparte, c'è chi cerca di evitare i conflitti, c'è chi, invece, sceglie la via del conflitto per farsi valere.

Tuttavia, quando le richieste continuano ad essere costantemente eccessive, le risorse personali (che non sono illimitate!) a un certo punto iniziano ad esaurirsi. Da qui inizia il declino verso lo stress cronico, il malessere legato al dover far fronte a eccessive richieste senza il bagaglio di risorse sufficienti per farlo.

Le cause di stress

Le cause di stress lavorativo in genere sono riconducibili a:

  • sovraccarico di lavoro e/o di responsabilità o contesto imprevedibile: situazioni in cui il lavoro è tanto e non diminuisce anche a causa di processi di lavoro che non funzionano e rendono tutto più complicato. Mi viene in mente un mio cliente che lavorava in un contesto molto convulso e sottodimensionato che raccontava di come solo dalle 16.00 (entrando alle 8.30) del pomeriggio potesse iniziare a sbrigare il suo lavoro perché prima passava la giornata a gestire imprevisti. Non riusciva mai ad uscire dall'ufficio prima delle 20.00;
  • mancanza di controllo sul proprio lavoro: quelle situazioni in cui il modus operandi è quello di trattare le persone come esecutive dicendo loro cosa devono fare senza spiegare il perché lo devono fare o comunque senza dare un senso alla cosa. È la situazione di un informatico che incontrai in una consulenza, che esprimeva il suo disagio nel ricevere ordini di iniziare progetti per poi (senza alcuna spiegazione) ricevere dopo poco tempo ordine di interrompere quel progetto e iniziarne un altro. All'attivo aveva circa sei progetti in un anno, iniziati (con relativo investimento di tempo ed energie) e mai portati avanti. Questo scenario aumenta molto la percezione di essere nelle mani degli altri e quindi di avere poco controllo sul proprio lavoro;
  • insufficienza o totale mancanza di gratificazioni o (peggio ancora) un trattamento denigratorio: c'è poco da spiegare e gli esempi possono essere a centinaia: dal capo che sminuisce i propri coordinatori al mancato riconoscimento del proprio valore, alle accuse, le urla, il trattare le persone come meri esecutori senza riconoscerne il valore, i giudizi negativi ecc.;
  • trattamento iniquo: sono tutte quelle situazioni in cui si ha la percezione di essere valutati non sulla base dell'efficacia e dei meriti lavorativi raggiunti ma sulla base di altri parametri come ad esempio l'anzianità (attribuire i meriti ai più anziani anche quando non li hanno) oppure le amicizie o le inimicizie personali;
  • valori in contrasto: operare in aziende che si fondano su valori (talvolta non dichiarati) diversi da quelli della persona. A questo proposito ripenso a una ricercatrice chimica che iniziò a lavorare in un'azienda farmaceutica poco dopo la fine del dottorato. I valori dichiarati dall'azienda corrispondevano ai suoi, uno dei quali era i rigore scientifico. Tuttavia bastò poco alla ragazza per comprendere che il rigore scientifico andava decisamente in secondo piano rispetto al valore del business. Lasciò l'azienda dopo tre mesi tanto era diventato forte il senso di frustrazione che provava;
  • conflittualità con i colleghi: i problemi relazionali con i colleghi possono causare un aumento di tensione all'interno del gruppo e fra le singole persone. Andare a lavorare con l'ansia di essere al cento di scontri con i colleghi può aumentare molto il malessere personale e far diminuire la motivazione. Il tutto si complica quando questi conflitti determinano l'isolamento di una persona. La mancanza di supporto percepito da parte dei colleghi e dei capi è un fattore di rischio importante che espone molto allo stress lavorativo;
  • mancanza di supporto da parte di colleghi e superiori: percepire di essere isolati e non poter fare affidamento su nessuno può essere un potente fattore stressogeno. Infatti, la richiesta di supporto (tecnico per bisogni legati ai compiti, morale per bisogni di tipo emotivo) è una strategia molto frequente, e anche sana e naturale, quando le persone si trovano in difficoltà. Una condizione lavorativa in cui non c'è supporto ma c'è isolamento, non c'è partecipazione ma c'è condanna o giudizio può impattare in modo profondamente negativo sulle persone.

Queste sono cause ampiamente confermate dalla letteratura scientifica. E sono tutte cause organizzative. Poi, anche la personalità individuale ha un ruolo nel senso che persone più propense di altre a sentire l'ansia, la frustrazione, la rabbia e più portate ad abbattersi saranno più esposte allo stress lavorativo, ma la personalità individuale difficilmente è sufficiente, da sola, a spiegare un livello di stress cronico tale da lasciare il lavoro, mettersi in malattia o, peggio ancora, ammalarsi.

Le conseguenze

Le conseguenze di uno stato di stress cronico vanno a ripercuotersi sulla persona e sulla stessa organizzazione.

Sull'organizzazione aumentano gli infortuni, le assenze per malattia, le assenze dal lavoro in generale, aumentano le richieste di spostamento interno o da una sede a un'altra, aumentalo le lamentele e il numero di persone che lasciano l'azienda. Ma aumentano anche comportamenti di disimpegno come il nascondere gli errori, ridurre al minimo indispensabile la presenza al lavoro, agire volontariamente comportamenti nocivi per l'organizzazione (come, ad esempio, non segnalare i problemi tecnici o cose che non vanno).

A livello personale le conseguenze possono essere di tipo diverso. Ci possono essere conseguenze organiche come ad esempio le difficoltà ad addormentarsi, cefalea, gastriti, alterazione dell'appetito.

Le conseguenze, però, possono essere anche emotive, relazioni e cognitive; possono aumentare i livelli di ansia, manifestarsi caratteristiche depressive, senso di impotenza e il sentirsi in trappola. Inoltre, una compromissione del proprio equilibrio psicofisico può, a sua volta, andare a compromettere gli equilibri relazionali di una persona; a questo proposito uno scenario tipico è quello della persona che vive un forte stress lavorativo, in costante stato di preoccupazione e di malessere che si confronta con un partner che cerca di stemperare sminuendo (magari anche a fin di bene) quelle che la persona vive come cause di stress (ad esempio colleghi non supportivi). In casi simili non è raro entrare in circoli viziosi in cui la persona stressata non si sente compresa e il partner si sente impotente...uno scenario che potrebbe portare a un allontanamento emotivo della coppia.

Intervenire sullo stress

Gli interventi sullo stress dovrebbero essere principalmente di tipo organizzativo. Tuttavia qui si aprirebbe un altro capitolo a sé cui fanno capo la psicologia e la medicina del lavoro ma anche sindacati e enti specifici (come l'Inail).

A livello individuale, una risorsa importante è sicuramente data dalla consapevolezza. Essere in grado di riconoscere i propri stati emotivi e i propri bisogni è molto importante perché rende più rapido il comprendere che qualcosa non va.

Spesso regole sociali, familiari o personali non aiutano. Frasi tipo "ma cos'hai da lamentarti, tu almeno un lavoro ce l'hai, pensa a chi è disoccupato" hanno il potere di trasmettere alla persona che vive una condizione di disagio sul lavoro sensi di colpa poco utili a risolvere il problema dello stress. Avere uno stipendio è sicuramente un elemento importantissimo ma da solo non è scontato che basti a proteggere dallo stress e dai suoi effetti.

Il dirigente del titolo dell'articolo probabilmente aveva uno stipendio da capogiro e anni di esperienza sulle spalle ma da soli non sono stati fattori sufficienti a proteggerlo e a proteggersi.

Pertanto, quando inizia a calare la motivazione, aumentare la rabbia e la stanchezza, l'insofferenza verso colleghi e superiori, è il caso di fermarsi un attimo e fare il punto su cosa stia succedendo nella propria vita lavorativa.

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Scritto da

Dott.ssa Luisa Fossati

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Commenti 1
  • Simona lanfranconj

    Veramente molto interessante, sei una grande Luisa, ti ammiro!

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