L'intelligenza emotiva nel quotidiano

Il costrutto dell'intelligenza emotiva è qualcosa che è stato trattato dalla psicologia specialmente negli ultimi 40 anni. Qui, cercherò di affrontarlo attraverso i risvolti del quotidiano.

22 AGO 2024 · Ultima modifica: 3 SET 2024 · Tempo di lettura: min.
L'intelligenza emotiva nel quotidiano

Nel corso degli studi approntati in psicologia, uno dei primi costrutti che si è tentato di misurare, classificare e spiegare, è stato quello dell'intelligenza. All'intelligenza, spesso si attribuiscono doti che talvolta sembrano essere 'magiche'. L'intelligenza, spesso, risulta parzialmente predittiva del successo lavorativo e scolastico ed in generale, viene definita come la capacità di adattarsi all'ambiente circostante e di sviluppare una sorta di simbiosi con esso, atta a raggiungere degli obiettivi o a risolvere problemi. Certo, essere intelligenti è fondamentale, ma in pochi considerano che esista, una componente speculare alla cosiddetta intelligenza tradizionale, cioè quella emotiva.

Come lavorare sulla tua intelligenza emotiva?

E' una peculiarità dell'essere umano, almeno quanto l'intelligenza tradizionale. Saper riconoscere le proprie emozioni e i propri sentimenti sia di sé sia negli altri e saperli gestire, è requisito essenziale nella socialità e nella socializzazione, ma tutto questo si dispiega in ogni campo del vivere quotidiano. Vi è mai capitato di vivere una brutta esperienza o di aver avuto uno scontro con qualcuno? Io suppongo di sì. Che cosa è successo dentro di voi? Siete riusciti ad assorbire il contraccolpo oppure vi siete fatti condizionare fino al punto da scaricare le vostre emozioni negative su altri malcapitati che avevano la sola colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato? Il primo passo per evitare che tali emozioni o sentimenti possano ricadere sugli altri, è comprendere esattamente che cosa sia successo dentro di voi. Sono triste o arrabbiato? Sono deluso o frustrato?

Questo è il primo passo per comprendere meglio se stessi e disinnescare qualunque comportamento o atteggiamento controproducente che possa 'rovinarvi la giornata' o rovinarla a qualcun altro. Sarebbe un peccato, presentarsi a un colloquio di lavoro con un muso lungo quanto quello di un formichiere, dopo che vi siete fatti un trip con la vostra ragazza che vi ha illustrato per filo e per segno su come la stiate trascurando e di come il vostro rapporto si sia raffreddato. Se anche aveste buone possibilità di essere assunti in partenza, credo che potreste fare una cattiva impressione al vostro interlocutore e quindi giocarvi le vostre chance di ottenere il lavoro.

Certo, questo è un esempio e anche piuttosto banale, ma è solo per farvi presente che ciò che si agita dentro di noi, dall'esterno si vede e anche molto chiaramente. Il nostro corpo 'parla' e a volte può comunicare qualcosa di noi che non vorremmo mai far sapere agli altri. Se siete preoccupati o pensate di avere un problema, sapere esattamente cosa ci sta accadendo, ci aiutano non solo a identificare l'emozione o il sentimento che turba la nostra mente ma anche a mettere in atto tutta una serie di meccanismi atti alla loro gestione. Esistono svariate modalità di approccio a questo tipo di problema. La prima, e probabilmente più brutale e quella di praticare un sano distacco emotivo dalle varie situazioni che ci capitano via via nel corso del tempo (tecnicamente, non si apporta una vera e propria gestione in tale meccanismo).

Essenzialmente il distacco emotivo, si basa sulla capacità di selezionare le informazioni che possano risultare produttive e costruttive, che servono in qualche modo per apportare dei cambiamenti positivi in noi e di escludere o ignorare tutte le altre. Pur essendo il modo più brutale per difendersi, non è qualcosa che si possa imparare dall'oggi al domani, serve esercizio e applicazione, ma soprattutto la convinzione interna che ciò che stiamo facendo sia assolutamente necessario e cautelativo del nostro equilibrio interiore.

Essere convinti di ciò che si sta facendo è requisito indispensabile per applicare tale meccanismo. Un altro modo, sicuramente più maturo per affrontare il problema della gestione delle emozioni è quello di applicare, particolari meccanismi di difesa (nel senso psicoanalitico della locuzione). Non parliamo di proiezione naturalmente, perché è un meccanismo di difesa immaturo e primordiale, in poche parole, si tratta del comunissimo, 'scarico su di te le mie responsabilità'. Tale atteggiamento, non soltanto danneggia gli altri, com'è facile intuire, ma danneggia anche noi stessi, poiché ci porta a evitare qualunque confronto con le nostre oggettive responsabilità e ci impedisce di ammettere i nostri errori, non ci permette di confrontarci con noi stessi. Passare la patata bollente a un altro conduce noi stessi a confondere i confini che denotano il nostro io da quello dell'altro.

Il problema è che la maggior parte di questi meccanismi, sono pressoché inconsci e quindi non disponibili alla coscienza e perciò non controllabili. Anche la rimozione ad esempio, è inconscia, ma esistono alcuni meccanismi che sono perfettamente controllabili dal nostro io cosciente. Pensate ai motti di spirito. Il motto di spirito (ironia), è un meccanismo molto maturo e aiuta l'individuo a deviare la percezione del fatto negativo o delle preoccupazioni in una direzione volta a sdrammatizzare gli accadimenti, diminuendo la tensione interna e favorendo un maggior rilassamento.

Ci sentiamo bene o meglio, volendo essere prosaici, e questo non farà che migliorare il nostro contatto con gli altri e di aumentare la nostra autoefficacia. Anche la sublimazione raggiunge gli stessi risultati, ma per vie molto diverse. La tendenza dell'organismo umano, è quello di tendere, quando possibile all'omeostasi e anche la sublimazione si muove in tale direzione. Sublimare significa incanalare le proprie risorse o energie in un senso socialmente accettabile, evitando quindi, che emozioni o sentimenti negativi ci corrodano dall'interno e danneggino i nostri rapporti interpersonali.

C'è che si iscrive in palestra e ama 'scaricarsi' correndo su un tapis roulant, altri preferiscono giovarsi di attività intellettive come la lettura o lo studio, altri ancora sfoggiano la loro creatività attraverso l'espressione artistica. Non è importante ciò che decidiate di fare, potreste anche giocare a nascondino con i vostri compagni delle elementari o che so, guardare periodicamente le puntate di Dragon Ball in tv. Ciò che è importante è che vi creiate un angolo tutto vostro dove nessuno può raggiungervi, dove sapete di poter essere protetti, sicuri e rilassati, un luogo dove possiate attingere solo a energie positive. Più luoghi protetti creerete attorno a voi e maggiore sarà la vostra capacità di attingere da essi tutto ciò di cui avete bisogno per sentirvi meglio e affrontare con nuovo vigore ciò che vi aspetta là fuori. Finora, abbiamo analizzato, per così dire, cosa possa accedere dentro di noi e cosa possiamo fare in proposito.

Certo, perché tale argomento sia esaustivo, forse occorrerebbe un libro. Io ho usato, in parte concetti psicoanalitici e altri invece, più appartenenti ad un'area cognitivo-comportamentale. A questo punto, credo che possiamo passare allo step successivo e chiederci, per quale ragione ci siamo sentiti feriti, ad esempio dopo aver discusso con la nostra ragazza? Fate attenzione a quello che ho scritto. Non ho usato il verbo 'sentire' per un mero motivo sintattico, ma piuttosto perché il verbo 'sentire' rispecchia esattamente la nostra realtà psichica. Gli altri, di fatto, non ci feriscono ma siamo noi che ci sentiamo feriti. Ci sentiamo 'toccati' nel vivo, perché ciò che ci viene detto si lega emotivamente e inscindibilmente al nostro vissuto o con l'opinione che abbiamo di noi stessi.

E' molto facile che, taluni nodi emotivi interiori non siano stati districati e per questo sono vulnerabili alla critica altrui ma soprattutto, rappresentano un elemento centrale che si apre verso la sofferenza. La risposta, quindi va ricercata nell'immagine che abbiamo di noi stessi. Tutto ciò che contribuisce al rafforzamento dell'opinione che abbiamo di noi stessi o che ci fa scoprire qualcosa di nuovo di noi che non conoscevamo, in positivo (un complimento o un'osservazione), aumenta la nostra autostima e quindi favorisce la nostra autoefficacia (elemento ego-sintonico). Qualcosa che invece, al contrario mina l'immagine che abbiamo di noi stessi o rafforza le nostre insicurezze, lo percepiamo come un elemento che crea una sorta di discontinuità con il nostro io e quindi risulta diventare una vera e propria minaccia al nostro stesso essere (elemento ego-distonico). E' necessario, quindi, conoscere tali meccanismi, in modo da comprendere i nostri stati interni e le nostre stesse reazioni emotive.

Che cosa fare, quindi, in questi casi? Sicuramente, consapevolizzare i nostri punti deboli, ciò che ci rende insicuri, focalizzarli a dovere e riplasmarne le criticità e le rigidità. Infatti, un elemento ricorrente che si abbina molto spesso ai nostri punti di debolezza è rappresentato dalla rigidità con la quale percepiamo tali nodi dentro di noi e tale caratteristica si manifesta ogni qualvolta si tenti di stuzzicarla. L'introspezione in questi casi, è la cosa migliore che si possa fare, agire quindi, verso l'interno di noi stessi. Una modalità sicuramente efficace di affrontare le nostre insicurezze è quella di appiattirle per quanto possibile, senza perdere di vista il fatto innegabile che taluni punti di fragilità, spesso sono insiti del nostro carattere o nel nostro temperamento e che quindi bisogna approcciare a essi con la massima serenità possibile (nessun dramma, è umano!). L'appiattimento delle insicurezze deriva dal contemporaneo rafforzamento della nostra autostima e dei nostri punti di forza.

Come lavorare sulla tua intelligenza emotiva?

E' un po' come un tiro alla fune, da una parte le insicurezze dall'altra l'autostima di sé, più tenteremo di rafforzare quest'ultima, maggiore sarà lo sbilanciamento nella direzione voluta. Se siamo bravi nel lavoro che facciamo, buttiamoci a capofitto in un nuovo progetto o cerchiamo di auto-stimolarci nel creare novità o porci nuovi obiettivi, se siamo bravi giocatori di basket, andiamo al campetto con giocatori competitivi o iscriviamoci ad una squadra agonistica, se disegniamo bene, magari iscriviamoci a un workshop sui manga giapponesi e così via, l'importante è cimentarsi in qualcosa in chi si sa, di essere bravi, questo aumenterà la nostra autostima e ci percepiremo come fighi.

Fino a questo punto, abbiamo analizzato tutto dalla nostra prospettiva, ma gli altri come si collocano in tutto questo? E' innegabile che districare questo quesito, è la parte forse più ardua di tutta questa analisi, perché comprendere gli altri, appartiene a un gradino ancora superiore. Per gestire potenziali elementi che possono avere un impatto emotivo rilevante su di noi, è necessario inquadrare i motivi, che hanno spinto una persona, a dirci cose, che riteniamo spiacevoli. E per fare questo diventa essenziale empatizzare con gli altri, cioè, mettersi nei loro panni. Come mai il nostro migliore amico, ci ha 'rimproverato'? Bisogna fare una premessa.

La risposta a tale domanda, talvolta può ricadere in errori distorsivi dovuti a un trasferimento emotivo, nel quale l'altro ci ricorda una figura centrale che ha rappresentato molto per noi (sia nel bene che nel male), nel corso della nostra vita. Generalmente il transfer, è un elemento che viene riscontrato nel corso delle sedute psicoanalitiche, ma nulla vieta che da un punto di vista concettuale, esso possa essere estrapolato e riportato in contesti differenti da una seduta. Talune parole che sentiamo dal nostro interlocutore, concetti, espressioni facciali, linguaggio del corpo, possono riportarci alla mente, situazioni emotive già vissute in passato e dalle quali non siamo stati in grado di liberarci, in parte o addirittura per intero e che riaffiorano come una sorta di feedback. Certo, rispondere a questo interrogativo, rappresenta una complicazione non indifferente, data la natura dell'elemento menzionato pocanzi, ma allo stato attuale, credo sia necessario, semplificare un po' le cose.

Se siamo in grado di stabilire un contatto emotivo con l'altro, è evidente che questo ci aiuterà nella comprensione delle sue stesse emozioni che in fondo, noi stessi abbiamo provato in altre circostanze, magari anche non dissimili da queste. Ciò che ci rende capaci di empatizzare, comunque, non è soltanto la capacità di attingere a situazioni emotivamente analoghe, ma dipende anche dal fatto che le emozioni sono universali. Tristezza, felicità, sorpresa, paura e rabbia, sono universalmente riconosciute come le emozioni basilari, ed essenzialmente appartenenti a tutto il genere umano e quindi, in quanto tali, condivise.

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Scritto da

Dott. Massimo Filippini

Bibliografia

  • T. De Caro, A. D'amico - L'Intelligenza emotiva: rassegna dei principali modelli teorici, degli strumenti di valutazione e dei primi risultati di ricerca - Giornale italiano di psicologia, 2008.
  • D. Coleman - Intelligenza emotiva - Rizzoli, Milano, 2006.

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