Salve, il mio ragazzo ha gravi problemi psicologici da quando ha l'età di 25 anni circa, adesso ne ha 30.
Non ne ha mai parlato con nessuno finché non ha conosciuto me alcuni mesi fa. Sono davvero impaurita perché in alcuni giorni è gravemente depresso ai limiti del sopportabile e con forti attacchi di panico. Non riesce a stare in mezzo alla gente (anche se a vederlo sembra naturale e molto più socievole della maggior parte delle persone) e problema maggiore è che vede il suo riflesso (negli specchi e nei vetri in genere) con un viso invecchiato e rigato, perciò evita sempre di guardarsi.
Non vuole parlarne con nessuno, conscio del fatto che siano grandi e gravi problemi che potrebbero impaurire le persone attorno a lui.
A vederlo sembra una persona normalissima, a suo agio in ogni situazione. Sua madre era un'alcolizzata e ha perso un figlio prima che lui nascesse. Lui crede che queste cose l'hanno influenzato e portato ad essere un tipo ansioso.
Ho bisogno di aiutarlo, lui è di Londra e non saprei che consigliare visto che non vuole farsi vedere. Cosa posso fare?
Mi dispiace se mi sono dilungata ma le cose che mi preoccupano sono molte e sono davvero disperata nel trovare una soluzione.
Vi ringrazio, davvero.
E.
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24 OTT 2016
· Questa risposta è stata utile per 25 persone
Gentilissima,
la sua richiesta risale ad anni fa e mi auguro ci sia stata un'evoluzione positiva della situazione descritta.
"Convincere una persona a farsi vedere da uno psicologo" è un quesito che sempre più spesso giunge all'attenzione degli specialisti.
Difficile dare una risposta esaustiva ma di seguito qualche input:
- è possibile rivolgersi in prima persona da un professionista per valutare la situazione e decidere insieme come muoversi;
- essere disponibili al dialogo e far sentire la propria presenza: la mano è tesa ma deve essere l'altra persona a prenderla;
- pensare anche a se stessi e alla propria vita; se la situazione di impotenza genera un malessere personale può essere utile chiedere un aiuto professionale per sè.
Un saluto.
Dott.ssa Annalisa De Filippo
Psicologa Psicoterapeuta
15 LUG 2017
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Salve Eva,
la situazione che sta vivendo è di per sè molto complessa. E' apprezzabile quello che lei sta facendo per il suo compagno e lo è ancora di più la consapevolezza che lei ha rispetto ai suoi problemi e alla necessità di un aiuto ( coscienza che non ha lui rispetto alla necessità di farsi aiutare). Cosa fare in questi casi? Parlarne con lui potrebbe essere un passo in avanti, sono sicuro che lo avrete già fatto e avrà avuto dei rifiuti. Quando le dico di parlare con lui, voglio dire parlando facendo capire realmente a questa persona quanto è importante per lei e per lui, la risoluzione del problema. Le faccia capire quante cose potrebbe essere diverse se lui superasse certi disagi psicologici che lui ha al momento e quanto il superamento di tutto ciò potrebbe incidere positivamente sulla vostra storia e sul vostro futuro. So benissimo che non è facile portare in terapia una persona che non vuole andarci, ma nello stesso tempo, so che parlando con questa persona in un certo modo e facendogli vedere quello che lui non vede rispetto ai benefici di un possibile trattamento psicologico, le cose potrebbero ribaltarsi e avere la collaborazione del paziente.
Resto a sua disposizione.
Saluti
Dott. Giuseppe Romano. Firenze-Napoli-Cosenza
30 GIU 2017
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Buongiorno,
ha mai provato a parlarne con il medico di famiglia? E' possibile che, se indirizzato da lui per ragioni mediche, anche solo per un controllo, prenda familiarità con l'idea di andare dallo psicologo. Ovviamente, solo lui stesso potrà decidere se continuare il percorso di psicoterapia, ma spesso ciò che è difficile è proprio "rompere il ghiaccio" con questa figura professionale.
Per approfondimenti non esiti a contattarmi.
Buona giornata
Dott.ssa Ilaria Albano
Psicologo a Roma
30 GIU 2017
· Questa risposta è stata utile per 3 persone
Buongiorno Eva,
ha mai provato a parlarne con il medico di famiglia? E' possibile che, se indirizzata da lui per ragioni mediche, anche solo per un controllo, prenda familiarità con l'idea di andare dallo psicologo. Ovviamente, solo lei stessa potrà decidere se continuare il percorso di psicoterapia, ma spesso ciò che è difficile è proprio "rompere il ghiaccio" con questa figura professionale.
Per approfondimenti non esiti a contattarmi.
Buona giornata
Dott.ssa Ilaria Albano
22 GEN 2017
· Questa risposta è stata utile per 11 persone
RISPOSTA:
Salve, purtroppo non di rado, la presenza di un problema psicologico va a bloccare e/o distorcere la capacità di esserne pienamente consapevole e soprattutto la capacità di chiedere aiuto e cure. Questa complicazione, abbastanza frequente, può pregiudicare in maniera definitiva la possibilità di essere curati, perché le cure psicologiche non possono essere imposte (come quelle farmacologiche), e necessitano della piena collaborazione del paziente. Tuttavia in siffatti casi, la situazione, per quanto complicata, non è irrimediabile. Esiste infatti la possibilità di ricorrere alle cosiddette Psicoterapie indirette, qualora vi siano familiari o persone vicine disposte a "mettersi in gioco" per aiutare la persona. Tali forme di intervento, basate su un'ottica strategico-sistemica, sfruttano il fatto che ogni individuo (sistema individuale) è sempre interconnesso e si mantiene attraverso relazioni con altri individui, all'interno di specifici sistemi contestuali, tanto che cambiando alcuni elementi in tali individui e nei relativi contesti di appartenenza, si produce una perturbazione e quindi un cambiamento nella persona con problema. In genere, agendo sui soggetti in relazione con la persona problematica, e sui contesti in cui tale persone vive, si ottiene con poche sedute uno spostamento significativo che aumenta la consapevolezza del problema e la capacità di chiedere aiuto, con il conseguente avvio di una Psicoterapia diretta. Tuttavia, in alcuni casi, le Psicoterapie indirette possono anche portare alla vera e propria risoluzione del problema stesso, o ad un suo significativo ridimensionamento. La casistica in ambito scientifico, anche con problematiche molto serie e cronicizzate, ci permette di dire che molto si può fare, anche qualora il paziente si rifiuta di andare dallo psicologo.
30 SET 2016
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Cara Eva,
leggendola provo una grande tenerezza. La sua posizione è sicuramente pesante da sopportare e per questo le chiedo: ha mai pensato di affrontare lei stessa queste sue paure? Aiutare se stessi, spesso, si rivela un buon metodo per riuscire ad aiutare gli altri....
Quello che mi colpisce di più è la paura del suo fidanzato di spaventare le persone intorno a lui. A proposito di questo, lo ritengo naturale. Il punto è che uno psicologo non è "una persona intorno a lui", ma un professionista. Se ci sanguina una gamba è normale non farla vedere ad una persona qualsiasi in mezzo alla strada: cosa si fa? Ci si rivolge ad uno specialista. Ebbene, questa è l'unica cosa che il suo ragazzo deve arrivare ad apprendere. Purtroppo solo lui può chiedere aiuto per se stesso. Ripeto che, per ora, quello che può fare lei è provare a stargli accanto cercando un'aiuto per se stessa. Questo le potrebbe servire per conservare una maggiore lucidità...
Le auguro un buon cammino,
Dott.ssa Claudia Cola, Psicologa, Taranto.
7 SET 2016
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Gentile Eva,
se il suo ragazzo ora è distante e non vuole farsi vedere da uno psicologo, credo che la soluzione migliore sia che sia lei a intraprendere un percorso con uno psicologo che la aiuti ad affrontare questa situazione e a fornirle gli strumenti per essere utile anche al suo ragazzo.
L'auspicio rimane comunque che sia lui a decidere di iniziare un percorso con uno/a psicoterapeuta, per superare finalmente tutti i suoi problemi.
Le auguro tutto il meglio.
11 GIU 2016
· Questa risposta è stata utile per 3 persone
carissima E. purtroppo più che stare accanto al suo ragazzo non può fare. è apprezzabile il suo voler aiutarlo, ma purtroppo penso che nessuna terapia abbia futuro se il paziente non sia per primo lui a decidere di essere aiutato. un percorso di psicoterapia parte dal presupposto che la persona che chiede aiuto abbia già maturato consapevolezza delle sue difficoltà e voglia iniziare un percorso. senza questi presupposti, sia pure lei riuscisse a portarlo in terapia, essa non avrebbe esito positivo. per quanto riguarda il suo vissuto, penso che abbia fatto tanto già a rivolgersi a professionisti per chiedere "consiglio", ma magari potrebbe pensare di rivolgersi lei ad un esperto, per alleggerire il senso di responsabilità che si porta dietro.
1 GIU 2016
· Questa risposta è stata utile per 3 persone
Ricordo che il COACHING non è per legge un mestiere, soprattutto non credo sia legale sponsorizzarsi qui come ANONIMI e proporre soluzioni illegali, che possano ledere la salute delle persone, soprattutto di fronte a una presunta sintomatologia nevrotico/borderline.
Per questo motivo chiedo a chi gestisce di controllare che chi risponde sia VERAMENTE UNO PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA PSICHIATRA. Ognuno nelle sue competenze.
Per cui cara E. PRIMA COSA, DIFFIDARE DI CHI NON HA COMPETENZE E LAUREE PER ESERCITARE UNA PROFESSIONE.
1 GIU 2016
· Questa risposta è stata utile per 4 persone
Cara E., lei non ha il compito di salvare il suo ragazzo.
E' lui che deve maturare una convinzione ad avere bisogno di aiuto.
Chiaramente finchè ci sarà lei a dargli sostegno emotivo e fare un pò da "spugna" lui eviterà di assumersele.
Non a caso lei ci contatta disperata come fosse la madre.
Io capisco che sei innamorata, che vorresti vederlo felice, ma più che convincerlo, dovresti iniziare tu un percorso e chiederti come stai tu in questa situazione.
Il rischio è che si crei una dinamica salvatore-vittima, tipica di moltissime relazioni.
Parli francamente al suo ragazzo dicendogli che secondo te dovrebbe assumersi la responsabilità della sua salute mentale, soprattutto perchè è in una relazione sentimentale.
I problemi appena accennati da lei nella domanda, lasciano anche intendere che abbia necessità di un supporto psichiatrico-psicoterapeutico.
3 NOV 2015
· Questa risposta è stata utile per 7 persone
Buonasera Eva, innanzitutto le vorrei dire che non sono affatto d'accordo con la risposta della dott.ssa Ania. Non partirebbe bene una psicoterapia con un inganno iniziale. Tornando al suo problema, il fatto è che, se la persona sofferente non ha una forte motivazione interna (dunque non esterna, ovvero di chi gli voglia bene), è molto difficile farlo entrare in un percorso terapeutico che potrebbe rivelarsi lungo e molto sofferente, dovendo affrontare in modo diretto ed indiretto, la sua sintomatologia e le cause della stessa, soprattutto. Dunque, gli stia vicino (almeno simbolicamente), sia presente quando vuole lui, ma non gli stia troppo "addosso", potrebbe sortire l'effetto contrario. Ogni tanto, magari partendo da spunti differenti, ritorni sul fatto che sarebbe molto importante, per lui, avere un punto di vista alternativo e specialistico su ciò che lo fa soffrire. In certi casi ci vuole tempo, anche se si teme che non se ne abbia troppo.
Buona fortuna,
dott. Massimo Bedetti,
Psicologo/Psicoterapeuta,
Costruttivista Postrazionalista-Roma
30 SET 2015
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Gentile Eva,
emerge la sua preoccupazione per il suo ragazzo e sembra che lei si senta caricata di una certa responsabilità, visto che ne ha parlato solo con lei. Da ciò può partire per proporgli di trovare delle soluzioni al problema che diano meno carico a lei e magari non influire sulla vostra relazione. Parlarne con un esperto, avere una consulenza psicologica, può magari alleggerire anche alcuni pensieri del suo ragazzo.
Cordialmente
23 AGO 2015
· Questa risposta è stata utile per 11 persone
Gentile Eva,
il suo ragazzo dice che non vuole parlare con nessuno dei suoi gravi problemi perchè gli altri si potrebbero spaventare e con questo l'argomento per lui è chiuso!...
Gli dica che anche lei è spaventata e preoccupata per il futuro che potreste avere insieme ( sempre che lei lo voglia! ) ; gli dica anche che esistono figure professionali (medici, psichiatri, psicologi-psicoterapeuti) che non si spaventano delle patologie fisiche e psichiche e che il loro lavoro è proprio di aiutare persone come lui.
Qui si tratta innanzitutto di fare una diagnosi corretta e capire se si tratta di un disturbo nevrotico, borderline o psicotico ed intervenire poi terapeuticamente nella maniera più completa.
Se l'amore è "reciprocità" come lei sembra intendere, visto che lui sembra consapevole di avere questi gravi problemi, gli chieda di dimostrare senso di responsabilità e di gratitudine per l'amore che riceve, accettando di farsi curare da qualche valido professionista, magari accompagnato e sostenuto da lei.
Se invece il suo ragazzo non ci sente e non raccoglie il suo messaggio non si voti a sacrifici inutili perchè non funzionerebbe.
Cordiali saluti ed auguri.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio Campagna (Salerno)
22 AGO 2015
· Questa risposta è stata utile per 4 persone
Gentile Eva
mi risulta che l'unico modo per aiutare chi non vuole farsi aiutare è farsi coinvolgere nel percorso terapeutico insieme a lui/lei.
In bocca al lupo
Dott.ssa Stefania D'Antuono
10 AGO 2015
· Questa risposta è stata utile per 5 persone
Ciao Eva,
purtroppo conosco molto bene la difficoltà di convincere qualcuno che "non ha niente da dire a nessuno, menchemeno gli affari suoi" a parlare con uno specialista. Il mio consiglio è di andarci per vie traverse. Mi spiego: è più facile convincere queste persone ad andare da un dottore per una patologia fisica che per una psicologica. E allora fai esattamente questo. Tutti i problemi psicologici hanno ripercussioni sull'organismo, mal di testa, nausea, vertigini... parla col medico del tuo ragazzo, spiegagli la situazione (non in sua presenza!) e mettetevi d'accordo per convincerlo ad andare da un neurologo che il medico conosca e che abbia anche la specializzazione in psichiatria. Lui ci andrà per una visita fisica ma se il neurologo è davvero bravo, capirà subito il vero problema e risolverà la cosa con la giusta cautela e professionalità.
Ti è stata utile?
Grazie per la tua valutazione!
15 GIU 2015
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Gentile Eva, tu puoi solo fargli sentire la tua vicinanza e il tuo sostegno. La motivazione a chiedere aiuto deve partire da lui, come riconoscimento dei suoi problemi e della impossibilità ad affrontarli da solo.
Cordiali saluti
Dott. Alessandro Bertocchi (Bologna)
8 GIU 2015
· Questa risposta è stata utile per 9 persone
Gentile Eva,
pur essendo difficile convincere qualcuno ad andare in terapia se questo non è motivato e non lo desidera, è però possibile, come suggerisce il collega Ioimo, portare la persona in terapia coinvolgendo i famigliari e operando sul sistema famigliare.
4 MAG 2015
· Questa risposta è stata utile per 4 persone
Carissima,
è davvero difficile convincere qualcuno a sottoporsi ad una terapia psicologica, se lui stesso non se la sente. Che siano i pregiudizi, o che sia una parte distruttiva che non vuole essere scoperta, comunque, l’amore per se stessi e di conseguenza anche il prendersi cura di sé, l’amore per se stessi, si impara da bambini. Con la famiglia che ha avuto, il suo ragazzo ha sicuramente un bagaglio non indifferente da rielaborare! Come aiutare questo ragazzo indirettamente? Forse col suo amore già lo sta aiutando, forse ha bisogno di tempo, forse….purtroppo potrebbe essere anche il dolore ad avvicinarlo al suo sé. Si chieda anche di cosa è fatto il suo amore, se è fatto di libertà, se è troppo materno, se è una scelta, o se rappresenta un bisogno…vada avanti ascoltandosi bene…e anche lei faccia la scelta di amarsi! Con simpatia
Dott.ssa Anna Agresti
Psicologa psicoterapeuta Prato
22 APR 2015
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
convincere una persona ad affrontare i suoi problemi è sempre difficile, ma non pensare di poterlo aiutare e stargli vicino se rifiuta di farsi aiutare da un professionista: se non accetta aiuto vuol dire che non vuole cambiare e non accetterà neppure il tuo aiuto. Comunque se va da un professionista può andare in forma anonima in modo che nessuno lo sappia. Spesso i parenti di alcoolizzati hanno molti problemi. Talvolta sono anch'essi alcolizzati. Ci sono anche gruppi per parenti di alcoolizzati volendo. Ma deve affrontare la sua vergogna e diventare umile. Non è facile.... ma se lui rifiuta ogni aiuto ti consiglio di rilettere sul tuo rapporto con lui. Cordiali saluti e auguri.
7 FEB 2015
· Questa risposta è stata utile per 4 persone
La situazione che descrive riscontra nell'esperienza di un terapeuta un certo allarme, in quanto si sente il livello di sofferenza di questo ragazzo. Le consiglio di fare leva sulla fiducia che il ragazzo ripone su di chi gli sta intorno, garantendogli la possibilità di fare diversi colloqui e scegliere personalmente il terapeuta con cui si è trovato meglio e sul quale si sente di riporre fiducia.
Ci faccia sapere.
6 OTT 2014
· Questa risposta è stata utile per 3 persone
Buongiorno Eva,
Se il suo ragazzo è depresso occorre che lei sensibilizzi innanzitutto la sua famiglia e i suoi amici al fine di portarlo in terapia. E' un passaggio però molto delicato, in quanto una componente molto importante del mantenimento della depressione è costituita dai cicli interpersonali, ovvero le dinamiche relazionali che il depresso instaura con chi gli sta vicino.
5 GIU 2014
· Questa risposta è stata utile per 13 persone
Per portare una persona in terapia quando siamo di fronte ad un'ostilità conclamata si usa una strategia terapeutica studiata dalla terapia breve strategica che consiste nel creare un problema familiare più grosso dicendo che il problema non è lui ma è di qualcun altro e che lui serve per aiutare il terapeuta a curare il malato designato che è stato naturalmente inventato per raggiungere il diretto interessato.
12 GIU 2012
· Questa risposta è stata utile per 3 persone
Cara Eva,
un buon punto di leva, che è anche la verita no?, è di dire chiaramente al suo ragazzo che lei è davvero preoccupata per questo suo stato e che è preoccupata , di conseguenza, anche per voi.
Provi a proporre di andare insieme, perchè "anche lei ha bisogno di sapere come aiutarlo". Poi si vedrà, può essere un aggancio (che il terapeuta comprenderà bene), può essere una soluzione, può essere uno spunto per lei poi, per trovare anche un suo supporto terapeutico individuale.
La relazione d'aiuto di base,sta nella terapia, non nel rapporto di coppia, se esso vuole costruirsi sereno e non sempre più stanco.
Un grosso augurio a voi!
11 GIU 2012
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Buongiorno Eva,
la motivazione è personale e non si può forzare o alimentare se non è il diretto interessato a volerlo. Detto questo, io punterei su sè stessa, ovvero chiedersi se è lei la persona che può aiutarlo oppure il suo ruolo è quello di persona che lo ama, che gli vuole bene e che vorrebbe la sua felicità...
la vicinanza e l'affetto sono elementi forti per una persona che vive un momento di difficoltà e penso che lei debba limitarsi a questo e lasciare il resto a chi compete questo ruolo, quando e se il suo ragazzo deciderà. Ricoprire un ruolo così difficile e così specifico e specialistico è una direzione non opportuna.
11 GIU 2012
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Gent. Eva,
il suo ragazzo ha bisogno di aiuto.
E' necessario che Lei lo aiuti ad affidarsi ad uno specialista.
Anche a Londra esistono Servizi dove è possibile rivolgersi per problemi psichici.
Può rassicurare il suo ragazzo spiegandogli che questi problemi possono essere curati.
Dott. ssa Valeria Rinaldini